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All’Accademia di Brera, una mostra rielabora il passato e il presente dell’Italia coloniale

di - 9 Luglio 2018
C’è un capitolo della nostra storia che tendiamo a mantenere socchiuso, come fosse una nota a margine, relegato in una nicchia del pensiero, schivando i tentativi di rielaborazione. Si tratta del colonialismo italiano e Amnistia, il progetto curato da un gruppo di studenti e studentesse del biennio di Visual Cultures e Pratiche Curatoriali dell’Accademia di Belle Arti di Brera, con la supervisione dei docenti Barbara Casavecchia, Lucrezia Cippitelli e Simone Frangi, prova dare una interpretazione del complesso fenomeno, tra cinema, critica e arte contemporanea, per riflettere sulla ambivalenza tra persistenza degli immaginari coloniali e amnesia collettiva degli eventi. Il progetto è stato curato da Matteo Binci, Miriam Canzi, Mariavittoria Casali, Alessandra Fredianelli, Federica Girelli, Gloria Nossa, Noemi Stucchi, Sara Tortolato, Massimo Vaschetto, Claudia Volonterio, Guglielmo Zalukar e Milena Zanetti, con il coordinamento di Sara Tortolato e Massimo Vaschetto, ed è scandito in diverse fasi.
Ad aprire il percorso, una sessione di proiezioni di film e documentari realizzati da Fred Kuwornu, Valerio Ciriaci, Alan Maglio & Medhin Paolos, presentati dai rispettivi autori. A seguire, si è svolto un public program di incontri, il 27 e il 28 giugno, all’Accademia di Brera, due giornate di studi con ricercatori e ricercatrici italiani esperti di studi postcoloniali e di genere: Liliana Ellena, Gaia Giuliani, Gianmarco Mancosu, Angelica Pesarini. Dall’11 luglio fino al 10 agosto, nella Sala Napoleonica dell’Accademia di Brera, aprirà la mostra “Amnistia”, che parte dal concetto giuridico di estinzione del reato da parte dello Stato per esprimere la rimozione e la sospensione del giudizio esercitate dalla società italiana nei riguardi dei propri crimini e trascorsi coloniali.
La mostra si interroga sulle attuali possibilità di rielaborazione critica di tale storia nell’ambito della colonialità, rintracciando i segni della persistenza del colonialismo nelle culture sociali, politiche e visive contemporanee. Vi partecipano artisti e film-maker italiani e stranieri che, a partire dagli anni 2000, si sono dedicati a questi temi, utilizzando cinema, video, scultura, performance e ricerche d’archivio. Il gruppo curatoriale ha scelto il cinema come elemento chiave, sia per riflettere sul suo utilizzo come mezzo di propaganda durante il regime che come linguaggio atto a costruire un discorso critico nel presente, in forma documentaristica o di videoinstallazione, con le opere filmiche di Luca Guadagnino, Valerio Ciriaci, Nina Fischer e Maroan el Sani. In esposizione anche le opere documentarie e archivistiche, frutto delle ricerche condotte da Rossella Biscotti, Alessandra Ferrini, Sammy Baloji, oltre alle installazioni di Leone Contini, Bekele Mekonnen, Cesare Pietroiusti che, il 21 luglio, interpretarà la performance Pensiero unico (2003-2018), nella quale canta ripetutamente i ritornelli delle canzoni fasciste “Giovinezza” e “Vincere”, fino a perdere la voce, incarnando fisicamente l’afasia.
In home: Valerio Ciriaci, If Only I Were That Warrior, 2015, Courtesy of Awen Films
In alto: Nina Fischer & Maroan el Sani, Freedom of Movement, 2017. Copyright VG Bild-Kunst Bonn, and the artists

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