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Andrea Pazienza, a Bologna presentato il film ed una mostra

di - 27 Febbraio 2002

Una folla numerosa ha riempito ogni metro calpestabile della multisala di Via Mascarella 44, luogo in cui Bologna si è data appuntamento giovedì 21 per onorare il suo “Paz day”.
Forse non a caso, la sala del convegno e della mostra si affaccia proprio sul luogo preciso in cui, tanti anni fa, lo studente Francesco Lo Russo rimase ucciso in uno scontro di piazza con la polizia. Era il 1977, un anno che con Andrea Pazienza, la Bologna dei suoi personaggi e il film di oggi ha parecchio a che fare, inevitabilmente.
Sul palco della multisala, Stefano Benni, Maurizio Torrealta ed altri amici del grande “fumettaro” scomparso nel 1988 hanno tratteggiato il quadro d’insieme della sua vicenda umana ed artistica con partecipazione ed entusiasmo.
Viene rievocata una Bologna all’apice della sua parabola creativa post-sessantottina.
Erano gli anni di Radio Alice, la prima radio libera a fare sperimentazione con linguaggio e palinsesto “alternativi”.
Era l’epoca in cui le divisioni accademiche tra “cultura alta” e “cultura bassa” saltavano in aria nelle analisi di studiosi attenti come Umberto Eco, ma soprattutto nell’opera di sperimentatori di razza come Andrea Pazienza, grande ammiratore delle avanguardie storiche (surrealismo, dadaismo, futurismo) e della pop art.
Nella manciata d’anni trascorsi a Bologna come studente damsiano, Paz diventa epicentro dell’ala più creativa del movimento giovanile: gli “indiani metropolitani”, la scuola di fumetto “zio Feininger”, il gruppo “Valvolinici” (con Igort, Brolli, Mattotti),
le riviste “Il Male” e “Frigidaire”.
Paz raccontava un mondo di tutti i giorni, sopra le righe nella sua assoluta normalità, quello che nel decennio successivo avrebbero fatto gli scrittori minimalisti come Pier Vittorio Tondelli. Ma lo faceva con un mezzo, il fumetto, che non aveva ancora raggiunto dignità di forma d’arte. Dopo di lui, l’idea di fumetto come linguaggio totale e dell’autore come “portatore di mondi” saranno cosa acquisita, ma, prima, in Italia nessuno aveva ancora dato tale importanza alle storie disegnate.
I personaggi nati dall’immaginazione del “meridionale più alto d’Italia”, come amava definirsi, (“Pentothal”, “Zanardi”, “Pompeo”, “Fiabeschi”), fortemente autobiografici, restano una delle testimonianze più originali e vivide, e perciò più amate, di una generazione studentesca che in quegli anni sognava, sperimentava, si smarriva e dissipava fuori dagli schemi, con grande coraggio e intensità.
Oggi, nel film, quei personaggi rivivono, grazie all’attenzione “filologica” del regista Renato De Maria, come un tributo al loro geniale creatore.
La mostra fotografica, un centinaio di scatti ad opera di Angelo Turetta, visitabile fino al 9 marzo, conferma un “dietro le quinte” animato da grande cura nel ricostruire quella stagione e il ricordo di quel visionario artista che è stato Andrea Pazienza. (camilla missio)

[exibart]

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