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Cartoline da Londra/Primo giorno a Frieze. Tra deja vu, commenti degli addetti ai lavori e prime vendite

di - 17 Ottobre 2013
«È molto meglio quest’anno, con meno gente. Finalmente si riesce a parlare, prima era impossibile anche scambiare due parole con i collezionisti». Il gallerista Franco Noero (Torino) non ha dubbi, il dimagrimento di Frieze è la scelta giusta. D’accordo anche Marco Altavilla di T293 (Napoli e Roma): «C’è più spazio tra un corridoio e un altro, le opere si vedono meglio e c’è più relax».
Di relax in effetti ne abbiamo visto parecchio, molta meno gente di un anno fa. Per non parlare degli anni addietro quando a Frieze si faceva a botte per entrare, per vedere, per scattare una foto e via sgomitando. Insomma, l’aria non sembra essere delle migliori, anche se i galleristi raccontano sempre che va tutto a gonfie vele. Grande soddisfazione allo stand di Massimo De Carlo che già ieri, in preview, era in dirittura d’arrivo per il sold out, vantando una significativa presenza di artisti italiani: Roberto Cuoghi e Massimo Bartolini, nonostante lo stand molto indirizzato al mercato americano e internazionale.
Ma, vendite a parte, Frieze comincia a mostrare gli anni: «Non vedo grandi novità rispetto agli anni passati, ma apprezzo gli spazi più ampi e più comodi», dice la collezionista Ines Musumeci Greco. Acquisti? Non è aria. «La trovo invece una fiera sempre di qualità, c’è sempre qualcosa da scoprire», afferma Letizia Ragaglia, direttrice di Museion. D’accordo, ma più prudente, anche Francesco Pantaleone, titolare dell’omonima galleria palermitana, in visita a Londra. Per Stella Santacatterina, critica e curatrice italiana da 25 anni di casa a Londra e molto nota nell’ambiente cool della città, si tratta di «una fiera assolutamente pessima, con al massimo un paio di cose da salvare». Quali? Proviamo a dirlo noi. Ancora Adrián Villar Rojas che con due presenza in fiera (da Marian Goodman e Luisa Strina di San Paolo) e la mostra alla Serpentine Sackler Gallery rischia di affermarsi come il trionfatore della London art week, tutto lo stand della galleria P38 di Mumbai, un po’ di roba vista nella sezione Project. E poi, of course, i fantastici Gursky e Struth, gli evergreen Dan Graham, Barbara Kruger.  
Ma ciononostante l’effetto deja vu si sente, anche se quest’anno ce l’hanno messa tutta per rinnovarsi anche ridisegnando il padiglione temporaneo e gli spazi. L’idea è di fare di Frieze un vero e proprio brand, uguale quindi a Londra come a New York. Ma gli spazi più ariosi nascondono il taglio delle gallerie. Difficile pensare che in questo periodo la riduzione sia frutto di una selezione più accurata. Piuttosto è che tanti a Frieze non ci vengono più. A cominciare dagli italiani. «Quanti siamo?», mi chiede Noero. Cinque, gli dico. «Non è un bel segnale», conclude lui, tirando dritto verso un possibile acquirente che si è fermato allo stand.

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