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Da Bologna: calca da concerto. Madonna o Lady Gaga? No è Marina Abramović

di - 29 Gennaio 2011

C’era
il timore che non si sarebbe presentata. Conferenza stampa annullata
e poi rimandata. Causa: cancellazione del volo dall’aeroporto JFK
di New York. Quasi un’astuta mossa in stile hollywoodiano per
alimentare le attese e far fibrillare fan, giornalisti e fotografi. E
invece ecco nella maestosa Aula Magna di Santa Lucia la famosa
artista serba che ha fatto del suo corpo una forma d’arte,
omaggiata come una vera stella del jet set per parlare del suo film
Seven
Easy Pieces
.
Dopo
gli aneddoti di rito, si alza una mano. La prima domanda: “
Hai
mai pensato di concludere la tua carriera con una performance che
preveda il suicidio?

Boato del pubblico e disappunto di
Abramović,
che risponde sorridendo: “
Ti
sembro depressa o malata? Io amo la vita. Mi piace attraversare
territori nuovi perché lì c’è la possibilità di cambiare.
Rappresento le mie paure, ciò che normalmente non farei. E se l’ho
fatto io, lo potete fare anche voi
.”
Avete
dei dubbi in proposito? Abramovi
ć,
riproponendo un’operazione “scottante” di Gina Pane,
non
ci mette soltanto la mano sul fuoco, ma tutta se stessa. E continua:
E’
molto facile degradare il genere umano, ma è più difficile elevare
lo spirito. Questo è il mio scopo
”.
E ce n’è davvero bisogno in questo periodo, in Italia e a Bologna.
(leonardo iuffrida)


[exibart]

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  • Io consiglio di leggere un articolo di Davide Pairone del 25 novembre 2009 in Lobodilattice sul Teatro della Perfomance alla GAM di Torino. Il sito - secondo me dalle qualità ambivalenti, ma questo è mia considerazione - ha avuto il merito di ospitare un critico che io considero sintetico e colto (cosa per me impossibile).
    Però non riesco a non apprezzare anche le sghembate di hm che fa il distruttore in un modo più sottile di quanto non si pensi e che va tenuto d'acconto in questa comunità virtuale. Chi fra noi saprebbe essere così sprezzante del bonton e così palesemente ostile alle anime belle (me compresa)? Poi, considerata la "falsità" della parola sul web, adesso me ne becco di tutte... ma mi piace questa tenacia nel controbattere senza mollare neanche di un centimetro (da una parte e dall'altra, mica siamo del partito dell'amore, no?).
    E comunque hai ragione, Davide, la performance come genere fa parte della Storia e ha esaurito il suo compito espressivo (soprattutto quando richiama se stessa esplicitamente), e Orlan e Franko B., pur apparenti performers, vanno in direzioni stilisticamente molto differenti dai loro "zii". Ma sono convinta che l'arte che ancora usa formalmente il corpo (ad es. le foto di Roman Opalka e della sua impercettibile ma inesorabile sequenza di vecchiezza) si pone forse come spartiacque fra qualcosa che è stato e un rinnovamento che ancora non sappiamo codificare. Gregor Schneider, che mi interessa molto, è lo specchio di questa esigenza, differente dal passato, di nascondere, annullare il corpo (l'anti-autoritratto). Si può dire che sia la negazione della performance, ma anche la via - angosciante purtroppo e priva di riscatto - verso cui alcuni artisti, attraverso forma impeccabile e stile originale, stanno informando la percezione della mancanza (nel senso proprio della cancellazione) della nostra identità culturale e anche fisica. Un segnale su cui dovremmo riflettere criticamente.
    Mi piacerebbe sapere che ne pensate, perché vorrei avere altri spunti e magari qualche altra indicazione di nomi e ricerche più recenti. Grazie a tutti.

  • Io consiglio di leggere un articolo di Davide Pairone del 25 novembre 2009 in Lobodilattice sul Teatro della Perfomance alla GAM di Torino. Il sito - secondo me dalle qualità ambivalenti, ma questo è mia considerazione - ha avuto il merito di ospitare un critico che io considero sintetico e colto (cosa per me impossibile).
    Però non riesco a non apprezzare anche le sghembate di hm che fa il distruttore in un modo più sottile di quanto non si pensi e che va tenuto d'acconto in questa comunità virtuale. Chi fra noi saprebbe essere così sprezzante del bonton e così palesemente ostile alle anime belle (me compresa)? Poi, considerata la "falsità" della parola sul web, adesso me ne becco di tutte... ma mi piace questa tenacia nel controbattere senza mollare neanche di un centimetro (da una parte e dall'altra, mica siamo del partito dell'amore, no?).
    E comunque hai ragione, Davide, la performance come genere fa parte della Storia e ha esaurito il suo compito espressivo (soprattutto quando richiama se stessa esplicitamente), e Orlan e Franko B., pur apparenti performers, vanno in direzioni stilisticamente molto differenti dai loro "zii". Ma sono convinta che l'arte che ancora usa formalmente il corpo (ad es. le foto di Roman Opalka e della sua impercettibile ma inesorabile sequenza di vecchiezza) si pone forse come spartiacque fra qualcosa che è stato e un rinnovamento che ancora non sappiamo codificare. Gregor Schneider, che mi interessa molto, è lo specchio di questa esigenza, differente dal passato, di nascondere, annullare il corpo (l'anti-autoritratto). Si può dire che sia la negazione della performance, ma anche la via - angosciante purtroppo e priva di riscatto - verso cui alcuni artisti, attraverso forma impeccabile e stile originale, stanno informando la percezione della mancanza (nel senso proprio della cancellazione) della nostra identità culturale e anche fisica. Un segnale su cui dovremmo riflettere criticamente.
    Mi piacerebbe sapere che ne pensate, perché vorrei avere altri spunti e magari qualche altra indicazione di nomi e ricerche più recenti. Grazie a tutti.

  • ringrazio Cristiana per la segnalazione ma soprattutto per aver citato Opalka. Ma, mi permetto di aggiungere, l'uso che fa del corpo e del tempo è solo apparentemente formale, penso che la sua unica, potentissima opera in fieri sia ben più crudele e spietata, dunque sostanziale, di molti artisti splatter in voga. Paradossalmente mi sembra più formalistico e "disincarnato" Franko B.
    In Italia comunque l'ultimo esempio di arte performativa davvero incisiva si può riscontrare negli esordi di Roberto Cuoghi. Peccato si sia forse perso per strada ma i primi lavori erano veri rituali di passaggio (verso dove? verso cosa? qui sta il punto interessante) che mettevano in discussione cardini etici ed estetici del nostro sistema socio-culturale (dalla pura percezione del mondo alla famiglia, passando per l'atto creativo sbeffeggiato con le unghione...). Vedremo, è ancora giovane ma sembra affetto da quello smart relativism di cui parla Luca Rossi

  • E lei, Pairone, mi creda è troppo buono nel manifestarmi la sua simpatia e confido che quella che Lei chiama furbizia non sia della specie piu' abietta e volgare ma solo occasionale dettata in vero dalle circostanze che ci hanno fatto incontrare;
    Mi spiace non potere parlare con lei della Abramovic ma quando non conosco le opere di un artista , le forme del linguaggio che usa, l'ambito storico in cui nascono e sopratutto il cosa si comunica ed a chi, io non posso scrivere ma ho l'obbligo di conoscere (con pazienza) Pensare, accogliere e dopo iniziare un dialogo.
    L'unica cosa che non ho apprezzato ed è il motivo per cui mi sono rivolto a Lei è il suo atteggiamento verso un lettore della rivista : poteva , giustamente e doverosamente contestare quello che sosteneva ma non aveva il diritto di ridicolizzare la sua persona.

    Tutto qui, Pairone, niente di personale.
    La saluto.

  • vede Marras, il mio intervento aggressivo nasce proprio dal riscontro di quella "furbizia della specie più abietta e volgare" con cui hm imperversa su queste pagine da un po'. I troll abbassano il livello della discussione e rendono più poveri tutti noi, tutti quelli disposti a dialogare con serenità.
    La saluto con stima

  • Caro Davide, grazie per l'indicazione (ne aspetto altre! da te e da tutti coloro che hanno da dire sull'argomento, che si va complicando).
    Citare Cuoghi è perfetto e ho capito, e anch'io ho "nasato qualche melone di troppo", ma istintivamente, perché non conosco bene la sua opera e potrei sbagliarmi. Devo studiare questo spunto e approfondire la sua conoscenza. C'è peraltro un diffuso birignao che porta molti di noi a dimenticare in fretta le super-scoperte quando c'è una scoperta nuova-nuovissima, più nuova del nuovo. Il che, a forza di voler stare sempre sul filo dell'ultimo secondo, non fa digerire bene quello che abbiamo mangiato fino al secondo precedente. Ma non sto affatto parlando di quel che hai detto, sia chiaro.
    Io, poi, ho bisogno di tantissimo tempo per capire. E quando capisco, mi affeziono troppo per tradire, anche quando vedo una brutta piega (spero sempre che l'artista si riprenda).
    Comunque, tornando a Cuoghi, in lui c'è effettivamente oggi una certa stanchezza e la ricerca di temi diversi, non sempre riusciti, fa pensare che l'arte concettuale (perché di questo si tratta, vero?) può perdere se stessa, se non trova il modo di rimanere sul medesimo concetto particolare, di quell'artista, cambiando originalmente la forma.
    Secondo me, difatti, chi decide - come Cuoghi - di fare della dimensione del tempo (e della metamorfosi) il pivot intorno cui far ruotare la propria azione (che sia una performance a lunga gittata, come la famosa trasmutazione nel padre, ben più difficile quando si trattò di fare il percorso a ritroso; o che sia una tecnica mista su tela) deve insistere, insistere, insistere. Rendere sempre più importante (più definita) la propria poetica. Questo potrebbe valere per chiunque, per qualsiasi fase storica dell'arte, per qualsiasi artista. Insistere sul tema, renderlo perfetto, renderlo sempre più intellegibile. Cuoghi doveva rimanere suo padre, dalla trasformazione non c'è ritorno (e, per certi versi, non c'è stato). E approfondire quel concetto sino a quando i mezzi formali non lo avessero reso più sottile e universale ancora di quanto non potesse essere già. Pensa quali universi avrebbe aperto la "doppiatura" della metamorfosi, ossia a come si sarebbe comportato quando fosse arrivato biologicamente all'età in cui aveva deciso di portare artatamente se stesso...
    Il limite di chi utilizza la performance (e questo limite lo vide bene hm) come medium è la possibilità che il gesto sia ridondante, sbagliato, lanciato in una direzione diversa da dove si voleva andare. Anche narcisistico e quindi, inevitabilmente, autoreferenziale, senza più calibro. La performance può diventare un labirinto da cui non si esce.
    Per questo motivo, ma è SOLO una questione di gusti personalissimi, apprezzo molto il movimento Gutaj giapponese che riassume il concetto che ti ho espresso (raggiungere la perfezione del gesto, mirando solo al gesto in sé, indifferenti all'opera prodotta), benché poi, alla fine, ritorni immediatamente occidentale quando mi chiedo: va bene, ma per chi, per arrivare a dove? e non mi basta (anche se mi piacerebbe) Aristotele per raccontarmi che anche noi dall'altra parte del mondo abbiamo onorato la dignità dell'azione pura (etica).
    Alla fine l'ibridizzazione mi attira (ma credo di esprimere un sentimento molto diffuso), il passaggio è ciò che affascina perché tende al nuovo, spesso è più importante il passaggio del traguardo (ho la sensazione di aver detto una gran banalità, ma credo che l'Occidente voglia riposarsi dall'obbligo di trovare sempre soluzioni certe). Per me, che sono immobile, è un richiamo irresistibile. Credo sarà la cifra artistica e filosofica (e scientifica) del XXI secolo (parlo d'ibridizzazione e passaggio nell'ambito dell'arte visiva, non intendo le commistioni fra generi diversi che oggi piacciono tanto, come quando sento disquisire rapiti figuri di arte-design, arte-moda, arte-architettura, faccende che regalano solo confusione di mezzi e stili che hanno fra loro funzioni profondamente differenti).
    Ma bisogna andare sino in fondo. Per questo Opalka è uno dei più grandi interpreti di questa fase artistica di transizione verso una cultura che diventa sempre più universale (non "globalizzata") perché condivisibile. Anche nelle ansie e nelle legittime resistenze al mutamento.
    E' una meraviglia essere pubblico: usi le conquiste altrui e le puoi fare tue senza sforzo! da Vermeer a Cuoghi, da Cima da Conegliano a Luc Tuymans...

  • madonna marras quanto sei lezioso tiggiuro che mi fai scendere il latte alle ginocchia a volte quando ti leggo, magari per te sarà reciproco quindi np

  • oh hm ognuno ha i suoi difetti, come si dice dalle mie parti meglio un lezioso oggi che un farabutto domani.
    Comunque grazie del complimento perche' so che qualcuno mi legge.

    ciao hm

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