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Da Bruno Munari ai Magazzini Mele, la collezione Cirulli nel segno del saper fare. Se ne parlerà alla Pinacoteca Agnelli

di - 22 Maggio 2017
Una collezione per raccontare l’arte italiana del Novecento, attraverso il dialogo tra stile, progettualità e impresa, secondo l’estetica del sapere fare. È questo l’obiettivo perseguito da Massimo e Sonia Cirulli, arrivati a costituire un insieme eterogeneo di 200.000 lavori, tra pittura, scultura, grafica pubblicitaria, disegno progettuale, libri d’artista, riviste di settore, fotografie, testimonianze di attività industriali, dal Simbolismo al Razionalismo, dai Grandi Magazzini Mele a Ricordi, con autori come Giacomo Balla, Osvaldo Licini, Fortunato Depero, Mario Sironi, Lucio Fontana, Gio Ponti e Bruno Munari. Una storia che inizia nella New York degli anni ’80 e da una passione, continuata poi con le collaborazioni con il Guggenheim, il MoMA, il Musée d’Orsay, il Palazzo delle Esposizioni di Roma, La Triennale di Milano, e arrivata alla Fondazione Massimo e Sonia Cirulli, istituita nel 2015 per l’approfondimento e la divulgazione della cultura creativa italiana, da inizio Novecento agli anni ’70. Di queste vicende ne discuteranno martedì, 23 maggio, Massimo Cirulli e Marco Sammicheli, nell’ambito del programma di approfondimenti che la Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli ha dedicato ai temi del collezionismo. E allo «scrigno», come definì Renzo Piano lo spazio al Lingotto, che egli stesso progettò, non si parlerà solo di passato, perché la sede della Fondazione, a San Lazzaro di Savena, pochi chilometri da Bologna, è di prossima inaugurazione. Un’architettura fortemente connotata, progettata da Achille e Pier Giacomo Castiglioni nel 1960, già attraversata da Carlo Scarpa, Marcel Breuer, Man Ray, Marcel Duchamp, che si proporrà come luogo di scambio, aperto a una trasversalità molto italiana, quella sapienza scaturita dall’incontro tra le arti e le pratiche.

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