Con le farfalle hanno ben poco in comune, eccetto il nome.
Si chiama – appunto – Farfalle, l’installazione presentata nello spazio del Rialto Sant’Ambrogio, visibile fino al 30 novembre: una stanza con il pavimento ricoperto di terriccio, due cartelli alle pareti e… il loro avvertimento sui generis, che è ovviamente falso, che magari non sconcerta, ma sotto sotto infastidisce. Ed il lavoro di Ursula Franco sembra una decostruzione paziente, in cui tutti gli elementi sono dichiarati da subito: al nemico occulto oppone uno che salta agli occhi con insistenza.
In mostra anche Libre Arbitre: camicie di forza in flanella calda e confortevole, cucite dalla stessa artista. Sono a disposizione di chi vuole provarle. Intanto c’è una serie di foto su due pareti della stanza: immortalati di fronte e di spalle – nella migliore iconografia delle foto segnaletiche – una sorta di campionario di gente comune, tutti protagonisti di uno scatto, con indosso l’inquietante imbragatura.
L’allestimento fa parte del progetto Rialtospecific installazioni ed interventi d’artista che si confrontano con uno spazio che fu convento nell’anno 1000, scuola ed ora sede dell’Associazione Culturale Rialtoccupato. (mariacristina bastante)
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Caro Direttore, è un onore ricevere una risposta direttamente da lei, dimostrazione di quanto le è a cuore l'argomento ... altre volte avevo lanciato, andati del tutto a vuoto, piccoli "inviti", ma il suo silenzio era stato eloquente (ed immagino che ormai, visti anche i precedenti, mi brucerò completamente!). Mi scuso allora se non ho ben capito lo spirito delle speednews, dal momento che in questo caso "non sembra" un modo per inserire sfizi, spunti, segnalazioni, gossip e quant'altro, ma "sembra" una vera e propria recensione. Inoltre, indipendentemente dallo spirito, si potrebbero evitare comunque delle inesattezze o dei piccoli giudizi.
Daniela Trincia
Ma è del tutto evidente che le SPEEDNEWS le abbiam create apposta per inserire sfizi, spunti, segnalazioni, gossip e altro. Le recensioni frutto di una VISITA alla mostra sono altrove, qui c'è un divertente poutpourrì informativo.
Mi domando se effettivamente qualcuno ha visto la mostra o se sono stati considerati i racconti, visto che nell'articolo ci sono delle inesattezze nonché delle incomprensioni.
Inesattezze: la data di nascita dell'artista è 1966 (ok, potrebbe essere anche un errore di stampa), il numero dei cartelli sono quattro, il materiale delle "giacche" è lana.
Incomprensioni: il messaggio di "Farfalle" è un vero e proprio monito, un grido, un disperato invito a NON FARE PIU' GUERRE ... gli uomini continuano a morire anche dopo, quando ormai sono terminate, proprio perché dietro di sé sono lasciati "campi minati" ed una volta posato il piede nel punto sbagliato, si salta in aria come "farfalle". Quello che subito salta agli occhi è quindi un amico che ti avvisa che sei in un campo minato. Inoltre il lavoro dell'artista non "sembra" ma E' una decostruzione paziente.
La serie di "foto segnaletiche" di "Libero Arbitrio" indica qualcos'altro, non solo la gente comune: persone che nel loro quotidiano pensano di essere libere ma che, in realtà, per una serie infinita di condizionamenti, non lo sono affatto, e portano un'invisibile "camicia" che limita se non addirittura impedisce completamente i movimenti, le scelte, le azioni.
ringrazio daniela per le inesattezze segnalatemi. mi scuso - tra l'altro con ursula per averla involontariamente (si tratta di un errore di battitura) invecchiata di tre anni.
mi permetto di dissentire - invece - su quelle daniela chiama 'incomprensioni'. già sul termine 'comprensione' di un'opera si potrebbe parlare di qui all'eternità...
del lavoro di ursula franco in particolare mi ha colpito appunto quella che 'sembra' una paziente decostruzione attraverso l'inserimento di un elemento 'rivelatore', di 'disturbo', un nemico evidente che scopriamo subito, ma che decodifichiamo lentamente.
voglio dire: chi entra nella stanza 'farfalle' sa perfettamente che non esploderà alcuna mina, sa di essere al sicuro, sa che si tratta di un cartello falso... eppure - a mio parere, beninteso - la scritta (non a caso in caratteri gotici) 'smuove' qualcosa e credo si tratti di qualcosa che sta nel profondo, dove sta la paura atavica, l'incertezza il senso della precarietà.
anche chi indossa la camicia di forza e si mette in posa sa di essere complice 'volontario', però a vedere tutte le immagini una dopo l'altra in successione pare che i volti si cancellino e pare di vedere un'umanità campionata, omologata, costretta. il 'gioco' rivela fattezze di incubo.
cmq la mostra l'ho vista. te lo assicuro.
un saluto, mari