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Giulio Paolini, ritorno a Londra da Whitechapel. Continua l’onda lunga della consacrazione dei grandi Maestri italiani nel Regno Unito

di - 30 Giugno 2014
Solo pochi giorni fa è stata la volta di Mario Schifano da Luxembourg & Dayan, che ha inaugurato una mostra del Maestro della Pop Art con una serie di opere che coprono un arco di tempo che va dal 1960 al ’67, il miglior periodo produttivo dell’artista.
Dal 9 luglio invece, da Whitechapel, è la volta di un altro grandissimo italiano che non si vede in una personale a Londra da oltre trent’anni: Giulio Paolini, assente dalla capitale inglese dal 1980.
Lo farà con To be or not to be, titolo shakespiriano che è traslazione dell’omonima mostra ospitata dal MACRO e curata, anche in questo caso, da Bartolomeo Pietromarchi con Daniel F. Herrmann, Eisler Curator e Head of Curatorial Studies della galleria britannica.
Attenzione però: la mostra non sarà la medesima di Roma, ma più estesa e con opere allestite appositamente per gli spazi della Whitechapel e saranno presentati 34 lavori tra cui la grande una scacchiera Essere o non essere del 1994-95, riflessione al mai finito processo di creazione e decostruzione dell’opera o Big Bang (1997-98), il piccolo studio con tele preparate e fogli accartocciati sparsi tutt’intorno come corpi celesti orbitanti intorno al nucleo central e l’ideale proseguo L’autore che credeva di esistere (sipario: buio in sala), realizzato nel 2013, che evoca a sua volta uno studio d’artista con un piano di lavoro costellato di disegni, fotografie e progetti, e una proiezione di immagini a parete.
Ma opere a parte vale la pena riflettere sull’avvicinamento dei Paesi Anglosassoni all’arte del Belpaese, anche stavolta dell’arte Povera, onda lunga di quell’epidemia che colpì la newyorkese Chelsea e la Grande Mela in generale l’anno scorso, e che vide in scena Merz, Calzolari, Boetti, Penone solo per citarne alcuni. Certo, Whitechapel con Fondazione Sandretto al tricolore è già abituata, ma stavolta siamo di fronte a un ritorno storico.

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