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“L’architetto è un mestiere politico”. Renzo Piano parla di città e progettazione e si dichiara favorevole alla riforma del Senato

di - 29 Marzo 2016
Renzo Piano in un’intervista al Corriere della Sera ha parlato di architettura e politica, raccontando la sua visione del mondo, presente e futuro. Dal suo atelier di Parigi nei pressi del Beaubourg, il Centro Georges Pompidou da lui progettato insieme ad altri ingegneri e architetti quarant’anni fa, il senatore a vita ha ricostruito il suo percorso professionale e ha raccontato i progetti che ha in cantiere: un ospedale in Uganda, la biblioteca di Atene, il museo archeologico di Beirut, il campus della Columbia ad Harlem e un centro culturale a Mumbai. Oltre cento giovani da diciotto paesi diversi lavorano insieme nel suo studio per immaginare le città del futuro, per lottare “contro le barbarie” che affliggono il nostro tempo, nella convinzione che “il tempo che passa migliora le cose”.
E quando si parla di città l’archistar scommette tutto sulle periferie, “considerate desolanti, alienanti, degradate, brutte”, ma che spesso nascondono una “bellezza umana e anche fisica”. Per questo da quando è diventato senatore a vita ha trasferito il suo impegno politico nelle periferie italiane, facendo lavorare i giovani su una serie di progetti che saranno presentati quest’estate alla Biennale dell’architettura. Un lavoro sulle città del paese intese come “luoghi d’incontro, di scambio, in cui si sta insieme, si costruisce la tolleranza e l’idea che le diversità non sono per forza un problema, sono una ricchezza”. Per questo motivo bisognerebbe “fertilizzare le periferie con edifici civici”, lavorando a stretto contatto con le persone del quartiere e cercando di costruire un ambiente aggregante e sostenibile.
E quando parla del Senato e del referendum del prossimo ottobre sulla riforma costituzionale Renzo Piano afferma che voterà favorevole all’abolizione del bicameralismo perfetto, il procedimento legislativo che assegna gli stessi poteri a entrambe le camere del Parlamento. Perché se il Senato “diventa più piccolo, meno ridondante, se costa meno, è cosa buona”, l’importante è che conservi il suo ruolo di “guida morale del paese”. (gt)

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