07 maggio 2012

Macao Milano. Un Tacheles meneghino? E il vento tira per davvero in città?

 

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È sulla bocca di tutti, MACAO Milano, l’occupazione dello “sfitto” grattacielo Galfa da parte di un collettivo che rivendica la parte dell’arte, composto da artisti, curatori, critici, guardia sala, grafici, performer, attori, danzatori, musicisti, scrittori, giornalisti, insegnanti d’arte, ricercatori, studenti, e tutti coloro che operano nel mondo dell’arte e della cultura. Sabato sera è esploso nell’opening dello spazio e in men che non si dica la notizia ha fatto il giro d’Italia e forse è arrivata anche oltreoceano, con l’Assessore Stefano Boeri che da Frieze ha parlato dell’evento milanese. Insomma, la bomba mediatica ha già sortito il suo effetto, con una fan page facebook zeppa e una valanga di complimenti e incitazioni per questa ultima modalità di riappropriarsi della cultura che vede “colleghi” illustri e che, come rivendicato nel comunicato stampa di MACAO, posiziona il nucleo milanese vicino alle lotte del Teatro Valle di Roma, del Garibaldi di Palermo, dei Lavoratori dell’arte, Cinema Palazzo di Roma, Sale Docks di Venezia, Teatro Coppola di Catania e Asilo della Creatività e della Conoscenza di Napoli.
“In questo spazio l’arte e la comunicazione smettano di essere attività fini a se stesse, ma esplodano e trovino le loro motivazioni all’interno di questa lotta, costruendo nuovi immaginari ed esplicitando quale mondo vediamo” rivendicano gli occupanti del Galfa, che nel frattempo è diventato uno spazio aperto a tutti, una zona di condivisione, nel simbolo di una Milano il cui terziario a volte si è trovato decaduto, non in ultimo proprio perché il grattacielo era abbandonato da 15 anni: «Crediamo che la produzione artistica vada del tutto ripensata, occupandoci direttamente di ciò che è nostro. MACAO è questo, uno spazio di tutti, che deve diventare un laboratorio attivo in cui sono invitati i lavoratori dell’arte, dello spettacolo, della cultura, della formazione e dell’informazione. Qui devono prendersi il tempo necessario per costruire una dimensione sociale, comune e cooperante. Abbiamo un sacco di lavoro da fare, dobbiamo trasformare queste parole in pratiche reali sempre più efficaci e costituenti di modelli alternativi a quelli in cui viviamo, e tutto dipende da noi» si legge nel Manifesto-MACAO.
Un riferimento chiaro, ma non del tutto esplicitato, è anche al sindaco Pisapia, alla primavera scorsa, quando Milano si risvegliò improvvisamente diversa, improvvisamente volenterosa di un cambiamento radicale. Certo, si risvegliò il 54 per cento della popolazione votante, mica tutti, ma si trattava già di un ottimo passo avanti. E ora che farà questa nuova politica cittadina con MACAO? Un Tacheles lombardo? Forse è presto per rispondere, fatto sta che le parole uscite da MACAO sono state sferzanti e hanno riacceso la speranza, e forse anche la rabbia di chi, nella cultura e nella vita, a causa della disastrosa situazione economica, dello stallo italiano, dei tecnici e non, non riesce a tirare fuori la voce. «Un anno di  mobilitazioni, un anno di assemblee – a partire da Dai! Dai! Dai! Occupiamoci di ciò che è nostro (n.d.r.) – un anno di discorsi intorno alla propria situazione di lavoratori precari nell’ambito della produzione artistica, dello spettacolo, dei media, dell’industria dell’entertainment, dei festival e della cosiddetta economia dell’evento. A questa logica per cui la cultura è sempre più condannata ad essere servile e funzionale ai meccanismi di finanziarizzazione, noi proponiamo un’idea di cultura come soggetto attivo di trasformazione sociale, attraverso la messa al servizio delle nostre competenze, per la costruzione del comune». Una rivendicazione per la parte lavorativa forse più importante per la città di Milano. E si rivendica anche la condizione pressante del precariato totale, nella necessità di una cultura «che si riprenda con forza un pezzo di Milano, in risposta a una storia che troppo spesso ha visto la città devastata per mano di professionisti di appalti pubblici, di spregiudicate concessioni edilizie, in una logica neo liberista che da sempre ha umiliato noi abitanti perseguendo un unico obiettivo: fare il profitto di pochi per escludere i molti».

4 Commenti

  1. Importante: non di collettivo si tratta, ma di movimento, come è stato più volte ripetuto nell’assemblea pubblica di domenica 6 maggio.
    Badilate d’energia e d’intelligenza, gigantesco work-in progress ambizioso quanto necessario, possibile cuore e cervello di articolazioni a bizzeffe.

  2. Lettera aperta – Macao – Pisapia & Co.
    Berlino, 15 maggio 2012

    Gentile Sindaco Pisapia e non meno gentili governanti, a chi di dovere,

    nell’Essere Umano la “capacità” di sopportazione è inversamente proporzionale al peso dell’offesa subita.

    «Mi piacerebbe partecipassero, e li invito, a un bando pubblico e che vinca il migliore», ha detto Pisapia.” (Corriere/Milano, 14 maggio 2012)

    Questa affermazione, tra le altre, dimostra la totale mancanza del senso della realtà del sindaco di Milano. Chiunque abbia o abbia avuto a che fare con l’amministrazione della cultura italiana conosce perfettamente le regole per cui la probabilità, le cause, i legami d’amicizia se non di parentela, l’appartenenza a questa o a quella fazione, l’incontro in chat o l’ammiccamento su twitter dettino le leggi dell’assegnazione, solitamente a breve termine per i bene accompagnati, solitamente a molto lungo termine per chi non accompagnato ma con abbastanza costanza da perseguitare la causa, dei pochi (ma in realtà molti) fantomatici spazi “pubblici”.

    Non nascondiamoci più dietro a questi inutili e alquanto trasparenti veli d’ipocrisia, non abbiamo più voglia di essere presi per i fondelli. E siamo in tanti.

    La richiesta (per giunta molto formale a mio modo di vedere), inoltrata per mezzo dell’AZIONE di Macao, di reclamare spazi per la cultura quando gli spazi attuali destinati alla cultura stessa sono esigui se non del tutto assenti, non doveva essere liquidata in così breve tempo senza alcun diritto di appello, senza nessuna tavola rotonda, senza la minima possibiltà di mediazione. Non siamo di fronte a dei bambini capricciosi che sbattono i piedi per il terzo lecca-lecca di fila. Siamo di fronte a donne e uomini che non sopportano più il peso dell’ignoranza, della pochezza mentale, dell’autoreferenzialità dei propri governanti (voi direte eletti a furor di popolo, noi risponderemmo con un: “Si, grazie per l’alternativa.”).

    Mi chiedo seriamente come pensate di arginare questo ormai costante riflusso cerebrale con la repressione. Siamo sempre più coscienti del triste fatto che “la storia non insegna” a voi nulla, noi invece impariamo. Siamo spugne, abbiamo appreso abbastanza e siamo più che pronti ad agire o, come vedete, agiamo già e …continueremo.

    Sembra sempre più chiaro che viviate in un mondo virtuale, lontano dalla realtà, scostante rispetto ai problemi della massa e dei singoli. Nelle alte sfere, da cui ammiccate sorseggiando i vostri aperitivi coi tacchi alti, non vi rendete più conto che le vostre fondamenta si poggiano precariamente sulle schiene di milioni di uomini e donne desiderosi ora più che mai di scalzarvi?

    Moltissimi tra i vostri malamati cittadini, che trattate senza la benché minima considerazione, hanno i nervi a fior di pelle, anzi, forse si stanno già scaldando le mani.

    Credete voi, facoltosi e non meno boriosi vassalli del potere, che non esista un limite alla tensione? Che i nostri bistrattati cervelli risciacquati ormai da anni nelle vostre candeggine mediatiche, non reagiscano più con nessuna risposta allo stimolo del pungolo, che non si contorcano in conati annusando i miasmi provocati dalle vostre fogne ventilate palesemente a cielo aperto?

    L’inabilità alla lungimiranza potrebbe compromettere seriamente le vostre poltrone e i vostri inopportunamente piazzati colletti bianchi. Che queste suonino come delle minacce non è un dubbio. Sono delle minacce. Sono dei chiari avvertimenti. Sono dei moniti.

    E’ chiaro che la rivoluzione intellettuale sia già cominciata, volete veramente rischiare di subire un altro tipo di rivoluzione prima di smettere di ostentare come fosse un bene menefreghista questa vostra tirannia mascherata di democrazia?

    Non siamo degli idioti. Siamo molto ben educati.

    Conosciamo la storia, reclamiamo i nostri diritti, non concepiamo l’assurdo.

    Vogliamo vivere in pace, vogliamo essere liberi di proclamare la nostra indipendenza creativa, intellettuale e civile!

    Non ci sediamo più nei salotti per declamare i nostri assunti a poche orecchie condiscendenti, scendiamo in piazza, occupiamo palazzi, urliamo il nostro nome, parliamo chiaro e si, sappiamo essere divulgativi, conosciamo la psicologia,

    SIAMO MOLTO BEN EDUCATI.

    Cordialmente,

    Barbara Fragogna

    Curatrice, Kunsthaus Tacheles Berlino

  3. Spazio per la Cultura??? Cos’è la Cultura? Musica e bombolette spray a caso? Qual’è la proposta concreta e innovativa di Macao? Fare un teatro-pub polivalente gratis? Questo significa migliorare la cultura in Italia? Un teatro sostenuto economicamente da chi? Ancora dal settore pubblico o dalla Nonni Genitori Foundation?

    Macao è subito sembrato l’ennesimo centro sociale occupato, dove alcuni giovani vengono recintati e ghettizzati. Questo avviene paradossalmente nell’era di internet che invece permette fluidità (chiunque può arrivare ovunque) e coordinamento a costo zero (un blog). Non a caso Macao viene abbracciato da chi si vuole fare pubblicità e da una generazione passata (vedi Dario Fo) legata a forme di partecipazione datate e totalmente inefficaci.

    Invito a tutti a Kremlino per la prossima Biennale di Venezia 2013: un progetto senza luogo e senza tempo e quindi non disinnescabile a patto che ci siano CONTENUTI efficaci: http://www.kremlino.blogspot.com

    LR

  4. A MACAO va riconosciuto il merito d’aver ottenuto attenzione, innescando un processo dagli esiti imprevedibili. Ha ottenuto attenzione dalla città, intesa come gente, dai suoi maneggioni, ed anche dal ministero degli interni. Ha messo in discussione il termine “legalità”, ha portato a considerare il senso della proprietà, prima o poi si dovrà definire il rapporto del padrone della baracca con la cosa pubblica, alla quale ha mancato di rispetto e sottratto beni, usando la legalità dell’uomo bianco, che parla con lingua forcuta.
    MACAO ha convinto il sindaco a far discorsi, chiaro che non c’è da aspettarsi gran che, ma la Giunta ha dovuto prendere pubblicamente atto. E’ solo l’inizio, MACAO vive. E si moltiplica.

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