Cultura senza idee sulle pagine de Il Sole 24 Ore che prende spunto dal saggio Italia Reloaded del critico d’arte Christian Caliandro e dell’economista Pier Luigi Sacco. Arretratezza culturale di un’Italia passatista e senza idee. Le statistiche europee questo ci dicono: nel 2010 tra i paesi innovatori dell’Ue siamo 17esimi; e nel 2007, nello studio della Commissione Europea sulla produzione culturale degli Stati membri, il Belpaese è 12esimo. Tendenza vuole che quando (?) si parla di cultura nello stivale siano tre i comuni denominatori: conservazione, tutela e salvaguardia. Sintomatica è la percentuale, l’84,6%, del totale del bilancio 2011 di circa 1 miliardo e 500 milioni di euro, che il Mibac destina alla tutela e alla valorizzazione dei beni e attività culturali e paesaggistici. La colpa? Da imputare al nostro meraviglioso ma ingombrante patrimonio culturale, così dicono.
Piovono smentite da Il Giornale che parla di atteggiamento catastrofista della coppia Sacco-Caliandro. I tesori italiani non sono una tomba e soprattutto l’Italia non è un paese di zombie culturali. Il quotidiano si affida all’ultimo rapporto annuale di Federculture dal titolo La cultura serve al presente. Il report in controtendenza rispetto alle tesi di Sacco-Coliandro, descriverebbe tutt’altro scenario di italiani affamati di arte, musica, cinema, cultura tout court. Va bene, ma le idee?
Tendenze, controtendenze e poi… solo contraddizioni italiane. Tutti questi fondi per la tutela del patrimonio e alla fine? Le cronache archeologiche scrivono di mausolei nascosti sotto le discariche. Succede a Pozzuoli sulle pagine del Corriere della Sera.
E ancora Napoli su La Repubblica. Anche noi abbiamo un nostro personalissimo Far West. Sì, un Far West dell’archeologia, si chiama Pompei, sito archeologico per eccellenza dello stivale, flagellato da crolli, branchi di cani randagi, cosiddetti stray dogs, guide turistiche improvvisate, quelle del mercato nero da 70euro senza ricevuta di ritorno. Basterà il piano Roosvelt di Galan? C’è chi invoca una domus con criteri privati, chi un mecenate, e chi un Max Plank sulla scia di quello adottato a Firenze per la ricerca scientifica, solo virato sull’archeologia. Attenzione però che a curare gli scavi più famosi al mondo non ci finisca quel fauno ballerino di Vittorio Sgarbi.(selezione a cura di rebecca vespa)
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