Ex – Esplodano gli attori
Solo dopo un po’ di tempo scopriremo che, dietro una delle due porte della scenografia di un interno domestico dalle pareti e pavimento bianchi, con arredi coperti da lenzuola che man mano saranno sollevati, c’è una macchina del tempo, frutto di un esperimento ingegneristico – non la vedremo, ma sentiremo la sua presenza suggerita da un suono tellurico -. Serve a ricondurre in vita i morti. O almeno alcuni: quelli di una famiglia schizofrenica, riunita alla vigilia di Natale, per fare i conti con un passato misterioso fatto di segreti e dolori. L’artificio fantascientifico, alquanto strambo e surreale, è però funzionale alla storia che si racconta in Ex – Esplodano gli attori, testo del drammaturgo uruguaiano Gabriel Calderón, messo in scena da Emanuele Valenti, regista e interprete di questa edizione italiana (progetto del Teatro Metastasio di Prato, produzione Teatri Associati di Napoli/Teatro Area Nord, visto al Piccolo Bellini di Napoli).
Il testo prende spunto dalle risposte dell’ex presidente uruguaiano Pepe Mujica (brutalmente represso dalla dittatura militare nell’Uruguay dei primi anni ’70) «…quando gli si chiedeva come sarebbe stato possibile superare lo scontro sociale conseguente alla dittatura. Mujica rispondeva che forse l’unica soluzione era che tutti gli attori della storia morissero, anzi più precisamente, esplodessero. Da qui gli interrogativi: l’uomo, per risolvere i problemi che lui stesso ha creato, deve morire? E, il tempo, può davvero guarire le ferite?». Alleviare il dolore delle generazioni future è ciò che viene esplicitamente ribadito in questo lavoro, anche se l’eccesso verbale e delle azioni mettono un po’ in sordina il ricordo del passato, delle terribili pratiche della dittatura sudamericana e la riflessione sulle impunità e responsabilità irrisolte.
A voler sapere le storie segrete della sua famiglia, sentire parole che possano alleviare il dolore che sente al petto, è la giovane Julia, fidanzata con Tadeo. Questi, ingegnere un po’ folle, per aiutarla nella sua ricerca della verità, elabora una macchina del tempo facendo così rivivere i diversi familiari – madre, padre, fratello, nonna, zio, nipoti – e alcune loro vicende accadute in vita. Il corto circuito tra realtà e fantascienza, tra passato e presente, con inevitabili divertenti spiazzamenti, è assicurato. Già, perché il testo tragicomico straborda di grottesco, di ironia, di battute fulminanti, anche filosofiche, mentre le rivelazioni esplodono tra risse, cattiverie, livori tra tutti.
Lo sviluppo della vicenda è orchestrato da un personaggio narrante – lo stesso Emanuele Valenti – il quale, dopo una sorta di prologo in platea – poi, a più riprese, intrufolato in scena, e infine nel ruolo di uno dei personaggi del nucleo famigliare -, ha il compito di riassumere alcune idee chiave del testo e regolare i salti temporali. Nello scorrere della vicenda avanti e indietro mediante dei flashback, da quella luminosa stanza-bunker – bella e funzionale la scenografia di Giuseppe Stellato, con le luci di Massimo Galardini -, nessuno può uscire, bloccati come si è nel presente, costretti a regolare i conti in sospeso con la Storia, mentre dall’esterno arrivano di tanto in tanto suoni minacciosi.
Il testo, al di là dello specifico contesto storico-politico-sociale di cui si diceva, è soprattutto la fotografia di una famiglia qualunque, oggi come sempre, quando traumi e segreti la condizionano, ne minano le fondamenta, e si vorrebbe riattaccare i cocci, ricucire ferite, riparare errori, ritrovare quell’amore che sana e unisce. Perché di questo, in fondo si parla: di bisogno d’amore, di ricerca di felicità, di perdono. Sentimenti di ciascuno. Scomparsi tutti i personaggi, risucchiati nel buco nero dell’unica porta apribile, rimane solo la ragazza che, smarrita, confusa, impaurita, chiama il suo Tadeo ripetendogli “Ti amo”, parola che, ripetutamente espressa prima dal fidanzato, lei aveva bistrattato.
Brava tutta la compagine attoriale nel mantenere un ritmo serrato mentre avviene la caotica ricostruzione del puzzle famigliare: Monica Demuru, Christian Giroso, Lisa Imperatore, Marcello Manzella, Daniela Piperno, Lello Serao ed Emanuele Valente.
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