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fino al 13.XI.2011 | Transafricana | Torino, Fondazione 107 in collaborazione con Fondazione Sarenco |

di - 21 Luglio 2011

Seni Camara è nata nella Casamance, Senegal, nel 1945. L’artista plasma le sue sculture di argilla e le cuoce in forni all’aperto, con un rito solitario e magico.

Ogni statua rappresenta una figura umana adulta (talvolta due, fuse all’altezza della vita) alla quale si aggrappano figure di bambino: abbracci e sorrisi, decine di mani, piedi, maschere, piccoli elementi decorativi, affollano la statua che appoggia, sempre, su due soli piedi. Come se l’equilibrio dei totem, dipinti dalle fiamme, dipendesse dalla posizione e dalla presenza di ogni componente di quest’unione.

Attraversiamo ora l’Africa da ovest ad est e raggiungiamo il Kenya di Kivuthi Mbuno. Questo artista, che lavorò come cuoco nei safari per turisti, racconta il Kenya con tratti naïf, dipingendo sogni di bambino, storie di caccia e favole con l’immediatezza delle pitture rupestri, dove la terza dimensione, assente nella rappresentazione grafica, è l’urgenza del racconto.

Storie in cui uomini e animali sono protagonisti e che Mbuno ritrae con gli stessi occhi affilati e rossi.

Peter Wanjau ci parla del Kenya con il linguaggio della cultura occidentale, con l’intento preciso di comunicare con il mondo, tanto da aggiungere brevi e incisivi messaggi in inglese alle sue opere.

L’artista è anche un assistente sociale, che vive ed esprime nella sua opera la malattia, la povertà, la religione e la politica. I suo dipinti hanno un tratto duro, accusatorio: sembrano caricature di una realtà che è a tutti nota, ma che osservata da così vicino non può permettersi di sfumare i contorni.

Le opere di Peter Wanjau possiedono la disarmante evidenza dei disegni di bambino, dove il significato è espresso senza filtri, né pudore.

Le tappe di Transafricana in Tanzania sono due e il primo ad ospitarci è George Lilanga.

Questo straordinario artista, nato a Masasi nel 1934 e morto a Dar Es Salam nel 2005, per tutta la sua vita ha popolato un centinaio di sculture e migliaia di quadri con gli shetani, spiritelli dispettosi e malevoli, che vivono soprattutto intorno a Zanzibar e lungo la costa sud-orientale della Tanzania e del Mozambico.

Lilanga ha appreso l’arte della scultura dalla sacra tradizione Makonde, la cui origine si confonde con le origini stesse del suo popolo, e l’ha superata, stravolgendone le regole, facendo della sua arte spontanea avanguardia. Il nobile ebano è stato dipinto con i colori più vividi che la chimica potesse offrire e queste creature sono uscite dalla Tanzania e hanno trovato casa nel mondo, restando negli occhi e nella mente di molti, fra i quali, ad esempio, Keith Haring.

La magia della Tanzania non ci abbandona e ci segue fra le opere di Mikidadi Bush, nato in questo paese nel 1957 e vincitore della seconda edizione della Biennale di Malindi.

Se fra gli shetani di Lilanga mi sembrava di sentire le risate dispettose dei pixies inglesi, guardando i quadri di Mikidadi Bush trovo denti aguzzi e artigli di vampiro.

Questo artista dipinge gli incubi e le paure generate dalla tradizione, dalle leggende e dall’inconscio, si prende gioco dei mostri pur tenendoli alla dovuta distanza, pur riservando loro il rispetto che si deve all’ignoto.

Giunti alla fine del continente Esther Mahlangu ci attende in Sud Africa.

Nata a Middelburg nel 1935, è stata testimonial dei campionati del mondo di calcio in Sud Africa.

La sua pittura, tutt’altro che astratta, viene tramandata alle sole donne, per decorare le abitazioni in occasione dei riti di passaggio. La tradizione prevede che queste decorazioni vengano fatte con le piume di gallina, ed è così che Esther le realizza.

La tradizione forse non prevedeva che questi motivi geometrici, trasfigurazioni della realtà che circonda l’artista, venissero realizzati anche su tela, sulla facciata del palazzo BMW o sulle code degli aerei della British Airways. Eppure, citando Sarenco, “Questa è Esther Mahlangu: una donna straordinaria, un’artista straordinaria, un esempio assoluto di difesa delle culture autoctone, che non hanno mai accettato di essere inserite nel contesto onnivoro e fagocitante della globalizzazione planetaria.”

Alla fine di un viaggio, oltre alle immagini, ciò che resta e arricchisce è l’esperienza.

È la consapevolezza di aver condiviso per un breve periodo una terra che non ti appartiene, ma al tempo stesso appartiene alla tue origini, perché una delle cose che ci distingue dalle altre specie, e certamente l’unica di cui andare orgogliosi,  è l’arte.

stefania calabrò

mostra visitata il 1 luglio 2011

Transafricana

a cura di Achille Bonito Oliva

17 giugno – 16 ottobre 2011

chiusura estiva 1 agosto – 31 agosto

Inaugurazione 16 giugno 2011 h 18.00

Fondazione 107, Via Sansovino 234 Torino

giovedì – domenica 14.00 – 19.00

Ingresso 5,00 euro – 3,00 euro ridotto (dai 13 ai 18 e over 65)

Ingresso gratuito sino ai 12 anni e per i possessori di Abbonamento Musei Piemonte

Per informazioni:

tel. 011 4544474

www.fondazione107.it

info@fondazione107.it

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