Un lavoro che mixa arte, cinema e letteratura; un duplice omaggio alla Francia, nonché l’inaugurazione del nuovo spazio torinese di Marco Noire. Potrebbe essere un successo di pubblico, nella Torino affollata e festante. Ma l’evento sembra passare decisamente in secondo piano, e nel giorno dell’inaugurazione collettiva del 16 febbraio la proiezione è, come dire, intima e tranquilla. Marco Noire si è installato a Torino in una posizione strategica, proprio sotto la Mole, anche se in due stanze soppalcate in un interno cortile. Solo la dicitura sul campanello annuncia la galleria, permettendo di entrare nello spazio dedicato interamente alle video installazioni, che si aggiunge alla storica sede della galleria a San Sebastiano Po.
Il mondo non è un panorama è il volto intenso di Juliette Binoche che recita (in francese) passi dall’ultimo successo di Michel Houellebecq, La possibilità di un’isola, per poi lasciare la scena ad una giovane attrice (prestata dal gruppo dei Motus), che sembra appena uscita da un centro sociale per trovarsi in mezzo all’isola vulcanica di Lanzarote. Fra pietra e fuoco, sola e nuda, la donna è alla disperata ricerca di un contatto: con la terra, con la materia, con il dolore e la passione. Con qualcosa, insomma, capace di dare un senso alla vita. Rispetto al libro, la Binoche è la Sorella Suprema, la coscienza superiore che indica la possibilità del cambiamento a Maria 23, clone in un mondo di cloni che vivono una vita placida, priva di qualunque tipo di sentimento, senza desiderio né sofferenza. E Maria 23 si spinge sulla terra alla ricerca del suo essere originale gemello, Maria 1.
Sono temi non da poco, quelli affrontati dalla coppia Houellebecq+Masbedo, dalla solitudine all’incapacità di amare. Ma non capita solo ai cloni di sentirsi come Maria 23, intrappolati in un limbo, distaccati spettatori della propria vita: i Masbedo ci ricordano che non è una strada percorribile, perché il mondo non è un panorama e non si può stare a guardare.
Non è la prima volta che i Masbedo, nome collettivo che cela le identità di Nicolò Massazza (1973, Milano) e Jacopo Bedogni (1970, Sarzana) lavorano con Houllebecq, al quale sono legati, dichiarano, da “una comune affinità elettiva e dal loro interesse per l’umanità”, così come da quel senso di “dolore dell’anima”, quell’incapacità di amare e di sentire che spinge alla pazzia, o alla morte, chi non riesce a convivere con la piattezza dell’esistenza.
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paola sereno
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Macche' alla pazzia o alla morte... Patinati, non l'avrete vintaaaa, e vi staneremo da ogni festa, da ogni inaugurazione, da ogni fiera, da ogni corteggiamento. Ui, che male! la coscienza che non ce la faremo mai... ma la rassegnazione non ha nulla da invidiare all'eroismo.