Ormai maestro riconosciuto, Takashi Murakami (Tokyo, 1963) è tra i protagonisti della pantagruelica Triennale torinese con un personale allestita nelle sale della Fondazione Sandretto Re Baudengo.
Un’arte, la sua, che prende spunto dalla tradizione disegnativa e dall’antica filosofia giapponese, e che proprio per questo -per sua stessa ammissione- non è possibile definire nuova. Ponendosi insieme a Mariko Mori come esponente di punta della cultura artistica giapponese contemporanea, Murakami sostiene tuttavia che la sua arte non si basi su una filosofia inedita. In un’intervista a Mako Wakasa nega addirittura che le sue opere esprimano la realtà del presente e asserisce laconicamente: “I express hopelessness”.
Il punto di partenza, neanche troppo implicito, è la cultura degli anime, quella manga in special modo. L’artista stesso di definisce un otaku (fan scatenato e onnivoro collezionista dei suddetti fumetti) e arriva ad affermare che la sua arte rappresenta e difende tutti gli aderenti a questa categoria.
I suoi fumetti “gonfiati” sono figli di una cultura ultra-pop che si esprime tramite la lucidità dei materiali, i colori saturi, i contorni netti e definiti. Allo stesso tempo però è innegabile il legame con i grandi maestri nipponici del passati, Hokusai su tutti.
Ma veniamo alla mostra. I temi affrontati spaziano all’interno di una vasta e disinibita fantasia. Dalle piccole torte di riso –in versione bianca e nera-, alla caricatura occidentalizzante dell’imperatore (The Emperor’s New Clothes) fino alla creazione di due nuovi prototipi del genere: My Lonesome Cowboy e
Il percorso si caratterizza come imponente e autorevole galleria (ma oltre alle molte sculture, qualche quadro più non ci sarebbe dispiaciuto) per i lavori vecchi e nuovi: sperimentare la misura statuaria per oggetti che finora esistevano solo in formato mini con produzioni seriali, testare la reazione del pubblico rispetto alle ultime creazioni, anche in fase progettuale.
Il nuovo protagonista? Si chiama Inochi e viene presentato forte del suo corpo, egregio mix di bio e meccanomorfismo, stato larvale di un autentico cyborg, e allo stesso tempo, preda della sua micro esistenza sentimentale, umana. In lui si fonde la visione iper tecnologica delle antiche filosofie orientali (degli angeli di Neon Genesis Evangelion, ad esempio) e l’espressione di una delicata emotività adolescenziale, tanto cara ad altri settori dell’emisfero manga.
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www.takashimurakami.com
claudio musso
mostra visitata il 9 novembre 2005
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