La mostra in corso presso la Galleria Pirra di Torino richiede al visitatore il superamento di un primo equivoco: la dicitura di Post-Impressionisti russi, con la quale questi artisti sono noti sul mercato internazionale, non ha infatti rapporto con il fenomeno del Post-Impressionismo comunemente conosciuto, per differenze storiche e anche in parte stilistiche. Mentre infatti il Post-Impressionismo, con le sue svariate declinazioni, si è sviluppato tra l’ultimo ventennio del XIX e l’inizio del XX secolo, gli artisti russi esposti a Torino sono nati tutti attorno agli anni Venti e Trenta del Novecento e alcuni sono ancora viventi e al lavoro. Anche dal punto di vista stilistico il termine Post-Impressionisti può essere discutibile perché in molti di questi pittori non si avverte un vero e proprio superamento dell’esperienza dell’Impressionismo. Anche se gli stilemi elaborati dai maestri francesi dell’Ottocento e dai loro seguaci o sodali di altri paesi europei vengono rielaborati in diverse accezioni: dalla pennellata più fluida di Boris Lavrenko (Rostov, 1920 – San Pietroburgo, 2001) a quella più pastosa di Georgij Moroz (Dneprodzerzinsk, Ucraina 1937). Alcuni di questi artisti mostrano peraltro di aver tratto alcuni spunti anche da altre tendenze culturali, come Dimitrij Kosmin (Omsk, 1925 – Mosca, 2003), in cui si individua talora una componente primitivista. Basta guardare opere come Autunno negli Urali (1978) e Bagni (1983). In Kosmin, come anche in Gleb Savinov (Charkev, 1915 – San Pietroburgo, 2000) alcune accensioni cromatiche possono ricordare anche la tradizione espressionista.
Certo è che questi pittori, pur operando dagli anni Quaranta del Novecento in poi, paiono aver rifiutato sia le Avanguardie Storiche che il realismo ufficiale di epoca sovietica, per riallacciarsi invece idealmente alla tradizione dell’Impressionismo e del Post-Impressionismo, che anche in Russia aveva trovato degli interpreti significativi. Dunque i loro precedenti vanno ricercati in artisti come Isaak Levitan (1860-1900) e Kostantin Korovin (1861-1939), che insieme a Valentin Serov furono i più importanti rappresentanti della variante russa dell’Impressionismo, sviluppatasi (a cavallo fra i due secoli) in parte in modo autonomo rispetto ai ben più illustri colleghi francesi. Questa proposta stilistica fu proseguita nei decenni seguenti da pittori come Igor Grabar’ (1874-1960) e Sergej Gerasimov (1885-1964). A tali artisti i Post-Impressionisti sembrano ispirarsi anche per i soggetti; Al pozzo di Moroz (2003) reinterpreta in panni odierni il tema dell’acquaiola, che s’incontrava ad esempio in Neve di marzo di Grabar’ (1905). Una costante dei paesaggisti russi è poi il cavallo con la slitta, nei pressi di un villaggio; lo troviamo in Negozio del villaggio di Lavrenko (1980) e ci richiama il motivo presente ad esempio in Marzo di Levitan (1895), in D’inverno di Korovin (1894) e in D’inverno di Gerasimov (1939).
La tenace sopravvivenza di modi impressionisti fino ai nostri giorni va dunque inquadrata nella particolare situazione culturale dell’U.R.S.S., che impose una chiusura rispetto ai movimenti esterni e la creazione di un realismo fasullo e propagandistico. Così gli Impressionisti -di fatto isolati- continuarono la loro ricerca, fuori dai clamori della ribalta.
stefano manavella
mostra visitata il 19 gennaio 2005
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