L’ultimo video di presentato alla Videoteca Gam di Torino ha fornito lo spunto per un’intervista a uno dei giovani artisti emergenti più presenti sulla scena nazionale attuale: Paolo Chiasera. Girato in un edificio di epoca socialista a Berlino, il video 20° livello gioca con le strutture spazio-temporali del videogame e con improvvisi e inaspettati rimandi alla storia dell’arte.
Per il tuo video hai scelto la dimensione spazio temporale propria del video game. Che rapporto c’è, secondo te, tra la percezione del reale propria della nostra epoca e quella, appunto, dei videogames?
La nostra epoca è caratterizzata da una pluralità di riferimenti al concetto già di per sé astratto di reale. La struttura del videogame non è altro che la proiezione alterata del nostro relazionarci con lo spazio e con il tempo, le due categorie su cui si sviluppa la nostra esperienza.
Il video è stato girato a Berlino. Che influenza ha avuto su di te l’ambiente artistico berlinese?
Ho girato il video in un grattacielo di epoca socialista dove l’asprezza e la verticalità delle strutture architettoniche mi ha riportato mentalmente all’idea di un percorso continuo, una dimensione falsamente orizzontale coincidente con la ripetizione di elementi sempre uguali.
Di Berlino amo gli spazi larghi, lunghi e poco affollati, i luoghi nascosti in cui si progettano utopie…
Il video allude a una temporalità e a una spazialità circolari, in loop. Questa dimensione spazio-temporale ha da fare secondo te con al nostra esperienza quotidiana e concreta, anche a livello psicologico?
L’esperienza fenomenica personale è alla base del mio lavoro, anche se questo rimanda sempre a dimensioni allargate condivisibili a tutti proprio nel momento in cui la mia esperienza diventa termine di paragone tra i diversi piani che metto in scena attraverso il mio lavoro. Il circuito chiuso in loop è il mio modo di articolare l’esperienza nel momento in cui le mie proiezioni mentali escono da me per poi ritornarci, dopo essersi rapportate con l’esterno sotto forma di concetti formali, e quindi immagini.
Come si configura il rimando al lavoro di Vélasquez? Perché hai scelto proprio questo artista e questo lavoro?
Ho visto quel ritratto di signora alla Gemalde Galerie di Berlino e ho avuto una sorta di sindrome di Stendhal. Vélasquez in 20°livello rappresenta l’elemento di fuga all’interno del lavoro, una proiezione, un elemento non esplicito che tale deve rimanere.
Le immagini sono le proiezioni dei nostri desideri, diceva Baudrillard, e chi meglio degli artisti ha saputo rappresentare questo concetto? Io sono ossessionato dall’idea della pittura, non so gli altri…
C’è un esplicito rimando ad autori del passato recente, a quelli di Paolini, per esempio? Se sì, in che modo?
Non era mia intenzione citare il lavoro di Giulio Paolini. Utilizzo la nuova percezione che il concettuale storico ci ha insegnato nel rapportarci alla storia dell’arte.Le parentele sepolte delle cose, come chiamava Foucault la dimensione ermeneutica…è impressionante come quando cambi punto di visione rispetto al mondo.
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Maria Cristina Strati
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un artistuccio di 25 anni che cita Baudrillard, ricorda Velasquez e guarad Paolini??? mmmm Chisera chi ti ha scritto le risposte?