Nove stampe fotografiche di grandi dimensioni, undici disegni a china bianca su carta nera, due wall painting e un video. Ben articolato e ambizioso il metaprogetto che Andrea Galvani (Verona, 1973) presenta nei 400 mq open-space della galleria Arte Ricambi. La Deviazione, titolo della mostra, allude alla necessità effettiva di esercitare una scelta all’interno di un percorso prestabilito.
Galvani inventa un mondo parallelo, che attinge alla storia dell’arte ed è intessuto di elementi simbolici e astratti. E’ un over-look kubrickiano in cui l’ universo appare suddiviso per livelli interconnessi. Significativi in questo senso sono i disegni che affiancano le fotografie: eseguiti manualmente con una meticolosità maniacale, si presentano come simulazioni a china di randering 3D e contribuiscono alla rilettura concettuale delle immagini fotografiche.
L’artista eleva prospettive e studia nuovi punti di fuga, rallenta il fluire del tempo, ne condensa lo scorrere in un continuum che diviene il Tempo per antonomasia.
Sul fondo della galleria si stagliano i due enormi wall painting uno dei quali costituisce la stessa copertina del catalogo (con un’intervista a cura di L. Fassi e testi di A. Sigolo).
Si tratta di una figura che ricorda una bara al cui interno si sviluppa un labirinto. Il concetto di fine come peraltro le dicotomie bene-male, bianco-nero nel lavoro di Galvani vengono più volte rimesse in gioco. La Morte, non solo biologica, è la porta divisoria non più cristianamente intesa come inizio e fine; è una algebrica rinascita, una fuga dal labirinto emozionale che ogni vita sottende.
L’artista istituisce un manicheismo colto, utilizzando l’ obiettivo in modo trasversale. Nei dittici decostruisce lo spazio riassemblandolo sotto nuova forma. Contrappone paesaggi del tutto reali a visioni planimetriche astratte, suggerendo un’ ubicazione le cui coordinate topografiche sono strettamente subordinate alla struttura matematica dei suoi set.
Nella deviazione i percorsi sono infiniti, simili per antonomasia alle sinapsi neurali.
Allontanandoci dal livello terreno (livello 0.0), un lungo piano sequenza verticale ci proietta verso la complessità del sistema annullando, allo stesso tempo, la rigida struttura che lo contiene.
Dall’unità alla moltitudine, dall’individuo alla società, dalla particella alle galassie.
Lo stesso utilizzo del colore risponde ad un preciso intento concettuale, ogni immagine è una realtà tangibile, indipendente e allo stesso tempo interconnessa; è segno/deviazione, rappresentazione del dubbio e della poliedricità dell’universo.
gaetano salerno
mostra visitata il 14 luglio 2004
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