Invito al contemporaneo, un progetto voluto da Chiara Bertola, curatrice per l’arte contemporanea della Fondazione Querini Stampalia, è stato un dialogo intenso tra artisti e critici, un invito a penetrare nel mondo dell’arte.
Nell’ultimo appuntamento del 29 aprile è stato è stato presentato un libro che raccoglie gli atti degli incontri tenutisi tra il ‘98 e il ‘99. E, com’è sempre nello stile della curatrice, si è trattato di un evento tutt’altro che autoreferenziale. Ritornare a riflettere sui dialoghi passati è stata un’occasione per far parlare Stefano Arienti, Dede Auregli, Laura Cherubini e Ludovico Pratesi di un tema abbastanza scottante che ha sollevato molte questioni Cosa facciamo per l’arte contemporanea italiana? Gli invitati hanno risposto facendo riferimento ognuno alla propria esperienza professionale o artistica, pur comunicando tutti una certa soddisfazione per i progressi degli ultimi anni e dimostrando grandi speranze per il futuro.
La proposta dinamica della Bertola consiste da un lato nel presentare il lavoro degli artisti attraverso il dialogo, dall’altro di focalizzare l’attenzione sul lavoro dei giovani creatori emergenti inserendoli in un contesto che, pur non dimenticando il proprio passato, investe sul futuro.
L’essenza di ciascun incontro è espressa da una parola scelta per suggerire un punto di partenza, un atto comunicativo: contingenza, nomadismo, identità, mimetismo, sospensione, sparizione, gravità, evidenziare, ascoltare, potenzialità, pudore, simbolo. Sono tutte parole che non appartengono a un movimento o a una generazione, sono parole antiche e per questo sempre attuali, sempre aperte.
La parola indicata, messa in relazione a un artista e al suo lavoro, ne rievoca immediatamente altre: a sparizione, riferita a Maurizio Cattelan, associamo maschera, travestimento, alter ego, sottrarsi, sostituzione. Sospensione, rivolta a Eva Marisaldi , ci fa pensare a vuoto, estasi, attesa.
L’arcipelago di parole che segna le diverse tappe degli Incontri contemporanei rappresenta un invito a riflettere sull’essenza delle cose partendo dall’elemento base di ogni pensiero, di ogni discorso, per lasciarsi trasportare nel dialogo inesauribile che esiste tra lo spettatore e l’opera d’arte.
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