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Finissage | Silva Cavalli Felci, Intrecci | Ex chiesa della Maddalena, Bergamo

di - 9 Luglio 2014
“La vita è insufficiente”, il titolo del libro che accompagna la mostra Intrecci, ma ancor prima una riflessione sul tempo, quello che abbiamo a disposizione, insufficiente per contenere tutti i progetti, i pensieri, le idee.
Da cosa nasce e in che modo si manifesta nella sua ricerca artistica?
«Nasce dalla necessità di lasciare un segno tangibile, una traccia, una scia di polvere di stelle dentro lo scorrere del tempo; dalla sensazione di impotenza e di smarrimento; dallo sguardo ai millenni che ci precedono e al tempo frenetico in cui viviamo, dal pensiero dell’enigma cui mi sto avvicinando, dalla pazienza del vivere e dell’aver vissuto.
Lacerazioni, ferite, tagli, soglie che invitano a gettare uno sguardo al di là, tra luci e ombre; che invitano a meditare sul “limite”: arrestarsi con trepidazione oppure avventurarsi oltre?
Ho usato materiali come l’alluminio con la sua flessibilità e resistenza; la carta, incisa con la lama ma che si fa carezzevole e arresa al moto delle mie dita; materiali compositi, duri, forme taglienti, ma ricomposte nel tentativo di un’armonia ancora possibile e auspicata in opposizione al dolore. La tensione è quella di non voler perdere tempo in nulla che non sia essenziale e fondamentale. La vita è insufficiente per esplorare tutto ciò che testimonia il pensiero e lo spirito.»

È soprattutto negli ultimi lavori che si scorge una sintesi, una contrazione formale capace di contenere emozioni e intimità. Qual è il processo che l’ha accompagnata qui?
«Il limite, l’oltre, la soglia, il sesamo, ossia la porta magica, sono tematiche che spesso si ritrovano nel mio lavoro. L’idea di oltrepassare o di restare sul limite è complessa, esige interrogazione, concentrazione e silenzio. Credo che le mie opere affrontino proprio questo. L’arte non deve necessariamente essere manifesta o esprimere il suo significato. L’opera nasce da un’intuizione ed è come una gestazione profonda che si forma pian piano attraverso emozione, sentimento e pensiero. Ma alla fine per me deve essere anche un fatto estetico: movimento, spazio e profondità, composizione.
Oggi sono così, ridotta ai minimi termini. Ma il passaggio è stato graduale, dai quadri a olio degli anni ’70 ai pastelli degli anni ’80 in cui l’idea di riduzione era già in corso. Nel 2013 ho realizzato dei tagli su carta, come se la matita fosse stata sostituita da una lama flessibile, che mi ha consentito un segno rapido e ritmico.»
Il ritmo e il movimento, poi figure monocrome che si scorgono nella composizione di pochi segni. Nel suo percorso artistico si intravede la contaminazione con altre discipline quali il teatro, la danza e la poesia…
«Si tratta da sempre di curiosità intellettuale. In particolare la musica e la danza, sono state molto importanti, hanno caratterizzato la mia vita e nutrito il mo percorso artistico. Ho attinto da altri immaginari ed espressioni d’arte, “intrecciando”, per trovare delle coincidenze e delle affinità, per sentirmi incoraggiata e legittimata. Tagli, ferite, strappi si fanno movimenti, variazioni musicali, ma, infine, anche in questo caso, sono fatti estetici. È una questione di tensione tra mente e mano, che deve operare con rapidità e senza pentimento. Proprio gli ultimi lavori in alluminio bianco sono un gesto, un movimento, un ritmo musicale. Spesso utilizzo anche dei titoli che rimandano al mondo della musica e della danza, come Movimento, Cadenza, Ritmo, Swing, Arabesque, Adagio
Dalla tela al cartone e al catrame, dalla carta all’alluminio. Il suo è un percorso che attraversa l’uso di diversi strumenti espressivi seguiti da un costante interesse per la funzione nella materia. Cosa significa per lei funzione?
«Scelgo dei materiali che mi consentono di raggiungere precisi esiti e volumi. Ad esempio per la produzione delle opere site specific in mostra, che sono simili ai tagli in scala maggiore, ho scelto l’alluminio. Scelgo la materia, o forse delle volte sono scelta dalla materia stessa, in base a ciò che voglio esprimere, come ad esempio nell’opera Senza titolo (1989) composta da catrame liquido e polveri che mi hanno permesso di ottenere alcune reazioni di luce sulla superficie. Anche qui la magia, il sesamo, l’arcano. Il lavoro Esploso Rosso (2010) è in origine un parallelepipedo a base rettangolare al quale poi qualcosa accade, una scossa tellurica, uno spostamento o uno smottamento, per cui questa perfezione si spacca, ricomponendosi in seguito in un suo nuovo equilibrio. Al centro uno specchio, una materia che doveva darmi il senso della profondità e della liquidità, simile al mercurio.
Scelgo la materia che più si adatta alla “funzione” di restituire il pensiero e l’intuizione che sottendono l’opera. Insieme, è sempre una questione di equilibrio e armonia.»
Francesca Ceccherini
Silva Cavalli Felci – Intrecci
Ex Chiesa Della Maddalena
Via Sant’Alessandro 39b

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