Liberamente ispirata alle teorie dello psichiatra svizzero Ludvig Binswanger, fondatore della Daseinanalyse, ovvero l’analisi “dell’esserci” come specificità antropologica, la mostra Genio e Follia si sviluppa su più registri compositivi e strutturali. Ventidue artisti, nazionali e internazionali, intervengono nell’intento di perseguire il concetto peculiare della psicoanalisi esistenziale, secondo il quale non esiste nessuna differenza tra un essere alienato ed uno cosiddetto “normale”. Anzi, pensare comune è che, dietro ogni genialità, si nasconda la sregolatezza e l’instabilità emotiva, se non addirittura psichica. Un luogo comune che, oggi meno di ieri, incarna la figura dell’artista. Ma proprio per questo attiva il valore semantico dell’intera esposizione, che indaga la veridicità di tale affermazione, al fine di attualizzarla e renderla credibile.
Un tentativo di svelare il referente psichico attraverso il prodotto artistico di ben ventidue artisti, suddivisi in tre categorie: Paradosso, Deliri Metropolitani, Sublimazione. Come consuetudine legata alla logica curatoriale di Dores Saquegna, sono presenti opere che spaziano dalla pittura all’installazione, dalla digital art al video. “Argomentazione in apparenza corretta che deduce conclusioni contraddittorie”, cita il dizionario etimologico relativamente al paradosso, quasi una regola di logica matematica per cui ad ogni ipotesi corrisponde una tesi che in questo caso ha però caratteristiche antitetiche alla sua origine. Ed è così che nella sezione relativa incontriamo Anka Bajurin con Emancipation of the circle, in cui la figura geometrica per eccellenza diventa unità di misura temporale, annullandone però la dimensione nel suo continuo movimento inerziale.
Dante Cancelmo elabora invece nuovi metodi di decodificazione della realtà creando, con l’utilizzo di supporti dell’era digitale come i cd-rom, originali forme multimediali che diventano segni e simboli di un nuovo e possibile linguaggio. O ancora l’artista americano Scrapworm, con progetti di nuovi scenari urbani sospesi. In Deliri metropolitani è la realtà underground ad esser messa in risalto, insieme a tutti quei risvolti psicologici che il vivere frenetico e omologato delle città produce nell’uomo: nevrosi, depressione, emarginazione, perversioni.
La croata Aleksandra Saska Mutic, in una serie di scatti fotografici, mette in risalto gli aspetti emozionali più “corrotti” del vivere metropolitano, mentre il cambogiano David Chum espone immagini più strettamente legate alla sua personale esperienza, caricandole di un valore catartico.
Elena Habicher riproduce con la gomma americana su pannelli di plastica cene di “ordinaria follia”, secondo regole compositive molto vicine all’illustrazione. Nella terza ed ultima sezione, Sublimazioni, ciò che viene “sublimato” è il rapporto privilegiato tra l’arte e chi la produce, senza tralasciare l’importante legame che sussiste tra l’arte stessa e la scienza, intesa soprattutto come conoscenza.
Troviamo così Lindsay Page, che lavorando sia con la performance che con la fotografia, materializza situazioni “anomale” e apparentemente irreali, nelle quali interpreta mutevoli ruoli. Vesna Jovanovic, infine, operando con il digitale, “inverte” il ruolo dell’arte, che non è più prodotto della ricerca, ma è essa stessa motore e stimolo a nuove scoperte.
francesca de filippi
mostra visitata il 14 ottobre 2006
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ho letto con grande interesse la recensione perchè credo siano stati colti in essa i tratti salienti e profondi dello spirito con cui la mostra è stata ideata. quello di rendere disponibile ed accessibile un pò a tutti, anche ai non addetti ai lavori, un linguaggio artistico che può sembrare dissacrante e dissacratorio, ma di tale efficacia e forza comunicativa da non dimenticare facilmente.