Mentre Derrick De Kerkhove in Piazza Grande profetizza (come amava fare il suo maestro Marshall MaLuhan) l’era dell’aurea -l’avvento della digitalizzazione globale, di uno stato di connessione permanente, di una prevalenza della tattilità- nella chiesa di San Paolo va in mostra Dennis Oppenheim.
La personale si colloca all’interno del panorama offerto in occasione del Festival della Filosofia. Il tema sul quale si dibatte sono i sensi, la loro correlazione con lo spazio e il loro stretto scambio con il sistema nervoso, perfetto pretesto per esporre la ricerca del grande artista americano.
Nel video Forming Sounds (1971) che, come spesso accadeva in quegli anni, documenta una performance, le mani dell’artista in primo piano “arpeggiano” dolci gorgheggi attraverso piccole pressioni sul collo della performer. Aldilà dell’innegabile impatto emotivo, l’opera si fa portatrice di una tematica che riguarda il recupero della percezione sinestetica, di un confronto continuo con il corpo, con le sue incredibili capacità ed i suoi inevitabili limiti.
Due schermi, situati nelle navate laterali, procedono con la proiezione di 2–Stage Trasfer Drawing (Advancing to a Future State/Returning to a Past State). Si analizza l’assenza della vista: l’artista di spalle deve ripetere, sulla parete che gli sta di fronte, la composizione che a sua volta gli viene disegnata sulla schiena. Uno stato di massima percezione che si esplicita con una concentrata attenzione recettiva. Proprio quella recettività sulla quale si ironizza poco lontano in Reeding Position for Second Degree Burning.
La ricerca che guida Oppenheim alla ri-scoperta del senso del tatto è imperniata nei lavori storici sullo svisceramento del rapporto corpo – mano – mente. In Air Pressure (Hand) la mano è la protagonista dell’indagine sensoriale. Infatti l’aria compressa da luogo alla formazione di un moto ondoso epidermico capace di svelare la composizione stessa del corpo.
Le due sculture oversize, posizionate al centro della pianta dell’edificio, sono, invece, il risultato di uno spostamento dell’ indagine dalle mani ai piedi. Enlarged Object to Cast Light In-between The Toes è una struttura lignea, confezionata accostando legno e neon, la cui funzionalità –esplicitata nel titolo– è simbolo di una più sottile attenzione alle intercapedini della sensorialità. Proprio come in Device to Cast the Light on the Bottom of Feet. Quella di Oppenheim che a prima vista può sembrare una monomania, è invece il frutto di una grande sete di conoscenza: “come l’uomo può conoscere solo attraverso i sensi, così solo attraverso i sensi può essere conosciuto”. (J.K. Lavate)
articoli correlati
Dennis Oppenheim alla Chiesa di San Paolo a Modena
Personale di Oppenheim a Firenze
claudio musso
mostra visitata il 17 settembre 2005
Tra arti applicate e astrazione: in mostra a Palazzo Citterio fino al 7 gennaio 2026, il percorso anticonvenzionale di una…
A Bari, la prima edizione del festival Spazi di Transizione: promossa dall’Accademia di Belle Arti, la manifestazione ripensa il litorale come spazio…
Il mitico direttore Daniel Barenboim torna sul podio alla Berliner Philharmoniker e alla Scala di Milano, a 83 anni: due…
In mostra da Mondoromulo, dinamica galleria d’arte in provincia di Benevento, due progetti fotografici di Alessandro Trapezio che ribaltano lo…
La Pinacoteca Civica Francesco Podesti di Ancona riapre al pubblico dopo due anni di chiusura, con un nuovo allestimento delle…
Tra intelligenza artificiale, installazioni monumentali e video immersivi, i settori "Zero 10" e "Meridians" mostrano come la fiera di Miami…