L’Asia Centrale è un luogo che sta maturando la propria identità districandosi tra il peso della storia passata e le attuali ingerenze politiche delle grandi potenze. Questa particolare situazione ha favorito un clima culturale che spinge gli artisti alla creazione di un’arte al contempo originale e aggressiva. Nella varietà delle vie di espressione si percepisce una base comune tra i tredici artisti presenti in mostra: l’idea della decolonizzazione. Espressa non tanto con il recupero di una sommaria tradizione, ma attraverso la manipolazione stessa dell’antico.
Il lavoro di Rustam Khalfin si sviluppa proprio in questo senso. Suggestionato da antiche pratiche erotiche cinesi l’artista nella sua video-performance ha riproposto un atto d’amore sul dorso di un cavallo, metafora del bisogno naturale di trovare sempre nuovi pascoli per il bestiame e di percorrere grandi distanze. Il lavoro ha suscitato sconcerto nel pubblico asiatico come anche The Castle and the Key di Saken Narynov e SteppenBaroque di Almagul Menlibayeva, entrambi malvisti dalla tradizione religiosa e dalla mentalità sovietica. In questa mostra l’identità asiatica viene messa in risalto, con modalità e linguaggi differenti, nel gioco dei cambiamenti e di un’idealità che rimane spesso un pensiero inespresso. Nel video Pastan di Erbossyn Meldibekov, un uomo asiatico coperto di un solo berretto rimane inerme a ricevere schiaffi, a testimoniare la passività e l’intrinseca capacità di sopportazione delle popolazioni orientali. Esemplare in questo senso anche la foto Son of East di Said Atabekov che mostra un giovane inscritto
Non poteva mancare il tema della guerra, sempre esistito, ma acutizzato dalla dichiarazione di indipendenza delle nuove nazioni centro-asiatiche e dalle ingerenze americane. Emerge, nel conflitto, una dimensione spirituale, esplicitata dall’artista < b <SAID b Atabekov in una video-performance. Qui, il destino del crudele conquistatore si fonde al destino della sua crudeltà: il bisogno e allo stesso tempo l’impossibilità di un totale pentimento.
daniele di lodovico
mostra visitata il 9 luglio 2005
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Una delle più belle mostre viste di recente. Una generazione di artisti in cui il delicato equilibrio fra linguaggi tradizionali e tecniche espressive e di comunicazione moderne riesce a convivere virtuosamente con una carica di novità e freschezza di ispirazione primigenia, quasi pre-culturale, non appesantita dal vaglio critico occidentale. La grande conflittualità politica e religiosa viene sublimata in tensione poetica. Straordinarie le foto e le installazioni di Erbossyn Meldybekov, le foto bianco e nero di Gulnara Kasmaleva&Muratbek Dzhumalev, e il loro video «Revolution», girato in presa diretta a Bishkek durante la «Rivoluzione dei tulipani». DA VEDERE