Lo spazio veronese diventa una passeggiata, con finestre sulle pareti bianche che si aprono a mostrare le stranianti vedute di Mary McIntyre (Coleraine, Irlanda del Nord, 1966), alla prima personale in Italia. Il progetto funziona, se non altro perché la periferia descritta dall’artista finisce per assomigliare a quella nella quale sorge la galleria scaligera. E’ quella di Belfast, ma potrebbe essere ovunque. E questa corrispondenza, questo sottile gioco tra ciò che è dentro e ciò che è fuori, qualche suggestione la regala.
Esterno notte è una serie fotografica di paesaggi notturni, ripresi con tempi di esposizione lunghi, che hanno consentito a McIntyre di sfruttare la sola luce ambientale come fonte di illuminazione.
Parchi, vie, case popolari, cavalcavia, incroci e parcheggi descrivono un paesaggio universale, mettendo inevitabilmente in moto un immaginario collettivo che interpreta il suburbium come una realtà di confine, deterritorializzata, nomade e mutante. Il non-luogo privilegiato, privo di memoria, dove contesto architettonico e sociale si corrispondono sulle corde del disordine, della precarietà e dell’alienazione.
Anche per questo l’assenza di presenze umane si trasforma in realtà in presenza invisibile e latente e, in quanto tale, inquietante.
McIntyre si va ad aggiungere alle tante, forse fin troppe, indagini condotte sui luoghi di periferia, da Francesco Jodice a Crewdson, da Joachim Koester a Gabriele Basilico a Domenico Mangano e via dicendo, per citarne sono alcuni. Ma, per tecnica e soggetti, la sensibilità di McIntyre sembra molto vicina a Paola De Pietri che, pur in b/n, ha anche condotto una ricerca analoga in passato. E quando nella scena apparentemente immobile si scopre immortalato il sottile stormire delle fronde degli alberi, tale consapevolezza è anche più forte, pensando all’impressionismo pittorico della De Pietri, nella fotografia naturalistica del paesaggio.
Anche con ciò, la mostra resta godibile, specie pensando agli aspetti psicologici del lavoro della McIntyre, altrove forse più manifesti e qui ermeticamente sottintesi.
Metteteci che l’artista si prepara a rappresentare il proprio paese alla prossima Biennale di Venezia e il piatto, come si dice, è servito.
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