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Fino al 26.V.2013 | L’arte del gesso. La donazione Jacques Lipchitz a Prato | Prato, Museo di Palazzo Pretorio

di - 15 Maggio 2013
Le sale appena restaurate del primo piano del Palazzo Pretorio accolgono una mostra di Jacques Lipchitz organizzata dal Comune di Prato e curata da Kosme de Barañano, grande studioso dell’arte del maestro.
Jacques Lipchitz (1891-1973), nato in Lituania, si trasferì a Parigi già dal 1909 dove entrò in contatto con i principali protagonisti dell’avanguarda che in quegli anni popolavano la collina di Montmarte e il quartiere di Montparnasse. Qui strinse amicizia prima con Amedeo Modigliani, poi, dal 1913, con Diego Rivera, ma in particolare entrò in contatto con Pablo Picasso e con Juan Gris, con i quali condivise i modi dell’arte cubista che in quegli anni si stava affermando più che altro in pittura.

Lipchitz divenne, se non il primo, sicuramente tra i primi, a trasporre certi canoni in scultura proponendo una plastica cubista che in mostra è ben rappresentata dal gesso Arlecchino con il mandolino del 1920 e da Strumenti musicali del 1924.
Se le opere degli inizi dell’attività di Lipchitz dialogano ancora per i modi e per le forme con la tradizione simbolista di fine Ottocento, come è evidente in Scena mitologica del 1911, il Cubismo reca una frattura notevole nella sua produzione orientandolo verso altri orizzonti. Dagli anni Trenta, pur mantenendo un’eco spaziale decisamente legata all’avanguardia, le opere del maestro subiscono una trasformazione nella quale rimangono evidenti i modi picassiani; le forme si arrotondano, emergeuna vaga suggestione del Surrealismo (Testa e mani, 1933).
Con l’inizio del Secondo conflitto bellico, per sfuggire al nazismo, Lipchitz lascia l’Europa e si trasferisce negli Stati Uniti dove riprende a lavorare assiduamente. Sono di questi anni due gessi molto importanti Madre e figlio II del 1941 e Pegaso (La nascita delle Muse) del 1944; l’artista si avvicina a temi differenti, il sacro e il mito, dove è evidente una violenta espressione sensuale. Inoltre inizia la sua proficua collaborazione con i maggiori architetti dell’epoca come Neimeyer e F. L. Wright che sceglierà proprio Madre e figlio II per la sua celebre Casa sulla cascata.
Con la fine degli anni Quaranta Lipchitz volge verso un sorprendente lirismo delle forme che raggiunge il culmine nel gesso, Tra cielo e terra del 1958. L’orientamento baroccheggiante è evidente invece nel modello per la realizzazione del cancello d’ingresso alla Johnson’s Roofless Church di cui è proposta la ricostruzione con in gessi originali.
Come accade per i disegni, che integrano l’ampia e variegata produzione di Lipchitz, anche i gessi sono da considerare opere concluse in se stesse. Si tratta di gessi “patinati” per dare l’effetto della fusione in bronzo, sui quali l’artista è intervenuto direttamente; opere piuttosto fragili che erano giunte a Prato in condizioni precarie e che, grazie all’intervento di restauro operato dall’Opificio delle pietre dure di Firenze, sono state completamente recuperate.
La donazione, per la quale nel corso degli anni si è lungamente prodigato Giuliano Gori, giunge a Prato dopo che la vedova del maestro, Yulla, già nel 1974, si era mostrata favorevole affinché alcune opere del marito fossero qui ospitate: l’Italia in fondo era stata scelta da Lipchitz dagli anni Sessanta come patria di adozione.
Enrica Ravenni
Dal 22 marzo al 26 maggio 2013
L’arte del gesso. La donazione Jacques Lipchitz a Prato
Museo di Palazzo Pretorio
Piazza del Comune, 18 Prato
ingresso libero
orari: 10-13; 15.30-19.30; chiuso martedì
Info: www. palazzopretorio.prato.it

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