Non stupisce che questa mostra sia stata allestita contemporaneamente alla più completa rassegna su Andy Warhol (Pittsburg 1928-New York 1987) mai realizzata in Italia, quella –da poco conclusa- alla Triennale di Milano The Andy Warhol Show. Ma è una bella sorpresa vedere rappresentato un artista della sua entità a Spoleto, evento prezioso per questo piccolo ma fervido polo culturale.
La mostra presenta oltre 50 opere ed è completata dalla presenza degli scatti di Dino Pedriali, fotografie già esposte lo scorso novembre a Salerno (Global Warhol). I ritratti del pittore ci accompagnano di sala in sala, cominciando con il Gold Book del 1957, 20 disegni a blotted line (inchiostro o acrilico su superficie lucida poi trasportato su carta). Di queste opere si è detto che è evidente la formazione classica di Warhol, manifesta per la tecnica usata e i soggetti rappresentati. Segue la serie dei Flowers, e dei ritratti di Mao Tze Tung, Joseph Beuys, Liza Minelli e i vari Ladies and Gentlemen, emblemi tutti della grande novità portata dal pittore. Quella di aver reso decorativo, estetico appunto come suggerisce il titolo della mostra, l’effigie di un qualsiasi personaggio, a prescindere dalla sua fama, notorietà, importanza, potenza.
“Il volto di Mao, temibile nemico del sistema capitalistico, è tradotto così in un inoffensivo elemento decorativo e viene iterato all’infinito, fino a diventare qualcosa di assolutamente familiare” (Masoero). Sempre dello stesso periodo (anni 70) è la serie Space fruit, acrilici stesi con telai di seta su cartone o su plexiglass, quella dei Grapes di cui è presente un prototipo, e Gem realizzato con colori acrilici e polvere di diamante.
Del periodo italiano sono presenti due Vesuvius, di cui uno è l’unica versione in formato quadrato. Segue la mimetica Camuflages e la litografia di Le Grande Passion, simbolo della produzione pubblicitaria di Warhol, “cartelloni che invitano a consumare per essere e essere per consumare” (Gallo). Fa da colonna sonora all’evento un Greatest Hits di Lou Reed, leader dei Velvet Underground, di cui Andy Warhol produsse il primo album e dalla cui collaborazione nacquero show multimediali e spettacoli dal vivo. Curata da Achille Bonito Oliva è invece la sezione fotografica, una serie di momenti molto intimi del pittore. Dal letto disfatto, al taglio della barba, il suo inseparabile registratore, le interviste, le attese in aeroporto, le letture. Un velo di malinconia traspare da questi scatti come in quello che lo vede ritratto seduto sul letto riflesso nello specchio, solo. Lui come la sua Marilyn, sorridente e dipinta di rosa, lui e i suoi ricordi come quelli riportati da Dino Pedriali in catalogo. Foto che ci restituiscono un pezzetto dell’animo d Andy.
valentina correr
mostra visitata il 22 dicembre 2004
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