Categorie: altrecittà

fino al 28.I.2012 | Sebastiano Mauri | Milano, Galleria Otto Zoo

di - 1 Dicembre 2011
Il mondo di Sebastiano Mauri guarda all’altro e alle sue divinità e agli oggetti di culto come ad un universo di “diversità” da catalogo ragionato e in qualche modo radical chic, ma che dispone le pedine del mondo dei culti religiosi sullo stesso medesimo orizzonte.
Non c’è differenza tra il Cristo cattolico e le divinità messicane, non c’è scontro tra l’Induismo e la Madonna nera sospesa sopra una semisfera da discoteca. Perché antropologicamente ogni Dio ha diritto alla stessa dignità, sia esso vivo (nel senso di comunemente idolatrato) che morto.
Ce lo insegna il video dal titolo “I Believe in God”, dove per diverse decine di minuti si susseguono in un messa panteistica centinaia di divinità che mutano l’una nell’altra e la colonna sonora altro non è che la somma di una serie di canti e invocazioni ibridati tra loro.
Un solo Dio per tutti gli Dei. Un Dio del credo purché vi sia un’icona, un’immagine, una statuetta votiva che possa in qualche modo catalizzare la nostra attenzione di fedeli in cerca del nostro “Personal Jesus”.

In mostra, oltre ad alcune fotografie, anche il personale altare panteista di Mauri, una scaffalatura dove si affastellano, in ogni ripiano, decine e decine di piccole riproduzioni di Dei, finger God raccolti in ogni parte del pianeta che sembrano invocare, uno per uno, tutto il nostro amore, la nostra devozione, quasi sapessero di essere piccoli, di avere un aspetto kitsch lontano dall’idea di onnipotenza, dallo status di magnificenza che si riserva ai grandi capi.
Una riappropriazione umana del Dio che si esplica anche negli Altars, dove il tempio luccicante è racchiuso su sé stesso come un piccolo diorama brillante e chiassoso, decorato nei modi più stravaganti con paillettes, strass, luci e fiorellini e paesaggi in miniatura con erbetta e piantine; alle divinità di Sebastiano Mauri si cede con simpatia e, medesimamente, a volte sovviene che in onore di chissà quale religione e per voce di chissà che Dio intere popolazioni si sono massacrate a vicenda e i vincitori hanno sotterrato le vecchie glorie per imporre il nuovo Dio universale.
Ecco, in questo casi tutti sono universali e indispensabili alla buona riuscita della convivenza, ognuno abbracciato ai suoi fedeli e ognuno attraversando il proprio spazio cercando di consolare l’uomo nel terrore costante di fronte all’inspiegabile vuoto della morte e dell’abbandono.
Più vicino a una dimensione umana la serie Aliens, una ventina di piccole sculture raccolte sotto campane di vetro. Più che di sculture in realtà anche in questo caso bisognerebbe parlare di paesaggi speciali dove piccoli alieni “scoprono” vecchie fotografie dell’epoca umana e dalle quali restano affascinati, intenti a posare con loro o a rimirarle come se scoprissero, in fondo, che altro non raffigurano se non uno stadio precedente nella scala dell’evoluzione.
Anche in questo caso c’è nel diverso una cospicua parte di noi. Anche in questo caso ci misuriamo con un linguaggio che non conosciamo e che non possiamo che imparare se non con il confronto, con la necessità di dialogare.

Aliens, Gods and Humans è dunque un universo di simboli che vengono universalizzati nonostante un approccio decisamente colorato, quasi giocoso, in una dimensione ibrida dovuta anche ai percorsi dello stesso artista, in bilico tra Milano, gli Stati Uniti e Buenos Aires, dove in parte vive e lavora e dove ha raccolto e collezionato in toto, negli anni, le icone che hanno via via composto questo mondo magico, multietnico e dove non esistono diversità ma solo confronti con i temi irriducibili dell’umanità.

matteo bergamini
mostra visitata il 23 Novembre 2011

Fino al 28 Gennaio 2012
Sebastiano Mauri
Aliens, Gods and Humans
OTTO ZOO
VIA VIGEVANO 8
20144 MILANO
TEL +39 0236535196
www.ottozoo.com
info@ottozoo.com
[exibart]

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