Si chiude in una masseria ristrutturata, sede commerciale della Fantini Scianatico di Terlizzi –tra i leader nella produzione di laterizi ed elementi strutturali per l’edilizia- l’edizione 2005/06 di Corporarte, a cura di Antonella Marino e Bice Perrini.
Se l’installazione di Francesco Arena non sembra essersi guadagnata la piena approvazione del promoter Calia, le opere di Andrea Chiesi e Luca Trevisani hanno invece incontrato l’apprezzamento di industriali, finanziatori e personale: uno spot più che un “controcanto”, ovvero quello che un’azienda cerca da chi deve interpretarne valore ed identità.
Luca Trevisani (Verona, 1979) ha ideato il progetto strutturandolo ad hoc sulle prerogative dell’azienda: quella del prodotto (materiali per l’edilizia) e quello sociologico della relazione gerarchica, dalla produzione alla vendita. Echoform è un’installazione composta da centoquaranta sfere in gres, collegate tra loro da supporti in plexiglas modulari; una struttura sospesa che si ramifica nel vuoto, insieme leggera per forma e grave per peso specifico.
Dell’elemento sferico, Trevisani ha affermato di condividere l’ossessione compositiva con Florence Henry; sfera intesa come sineddoche, come la monade di Leibnitz, che evidenzia la necessità di collegamento tra parti di mondo che non lo prevedono.
Riallacciandosi al progetto della mostra genovese Clinamen -nella quale fa scorrere sfere di ghiaccio, concretizzando il principio di declinazione introdotto da Epicuro nel sistema dell’atomismo antico- collega gli elementi sferici in un insieme, utilizzando supporti realizzati in materiali elastici o trasparenti, al fine di esprimere un concetto potenziale e non contingente. Nella gigantesca molecola i delicati equilibri della comunità aziendale si espandono “come una piramide aperta e non verticistica di rapporti e scambi”.
Tema analogo nel video La costellazione squilibrata, in cui anonimi personaggi collaborano alternativamente ad un gioco di causa-effetto apparentemente fine a sé stesso. Ma nell’installazione, la scelta di realizzare le sfere in due colori differenti –argilla chiara o rossa– pare esaltare i concetti di individualità e specificità che, anche all’interno di una situazione gerarchica come quella produttiva, vanno sempre tutelati: entrambe le tipologie di sfere, infatti, sono poste sia su che giù, agli estremi o la centro, in dinamismo ottico che si offre allo spettatore anche come spettacolo della “forma”.
Certo una visione particolarmente idilliaca -se non utopistica- dei rapporti aziendali. Forse è più opportuno leggerla come un’esaltazione concettuale della materia, o del “materiale”, di contro alla tendenza all’astrazione -che un’opera asciutta come Echoform sembrerebbe evocare– rifiutata a priori da Trevisani. “La tendenza all’astrazione elimina la possibilità di momenti forti e rafforza il senso di distanza dalle cose.”
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