Categorie: altrecittà

fino al 30.XI.2011 | Jean Jacques Du Plessis | Roma, Galleria Valentina Bonomo

di - 11 Ottobre 2011
Una pubblicazione ragionata dei risultati di un’intensa sperimentazione, quasi scientifica. Potrebbe essere così definita la mostra su Jean Jacques Du Plessis, allestita alla Galleria Valentina Bonomo. La ricerca di Du Plessis, giovane artista d’ origini sudafricane (nato a Cape Town nel 1984) e formatosi negli Stati Uniti, muove da alcuni concetti saldi: l’uso di tela e colori acrilici, la scelta tradizionale del quadro da parete. Du Plessis ne reinventa però l’applicazione, sviluppando una personale tecnica a collage di sagome di tela colorate su supporti di tela o legno. L’autore stesso appare sorpreso dagli effetti che ne risultano, e che via via gli offrono gli spunti per l’elaborazione di un vero e proprio linguaggio. Una manciata di opere, disposte con buon gusto nello spazio netto della galleria, illustra efficacemente questo percorso. Ne sancisce l’avvio, forse non cronologico, ma certamente metodologico, il grande dittico Ugama, un’unica figura vagamente mostruosa distribuita su due tele, che tradisce ancora la riluttanza dell’autore ad abbandonare formule pittoriche a lui più familiari. Le sagome di colori uniformi sono qui prive di autonomia e svolgono essenzialmente una funzione grafica e cromatica. Non mancano richiami illustri, benché forse un po’ didascalici: si è tentati di ritrovare nei molteplici occhi e nelle zanne gialle qualche riferimento ai minotauri di Picasso; altri accostamenti di forme, se slegati dalla composizione complessiva, possono evocare Malévic?

Più meditata è la serie di piccoli formati inclusa nella personale. Ciascuno sembra avere carattere d’indagine su uno specifico argomento visivo. E gli argomenti sono tanti: dall’interesse per le maschere rituali (untitled) a costruzioni tonali e geometriche (faid, linq, sliv), che di volta in volta lasciano trasparire, sempre nei vincoli del collage per addizione (sagome incollate sullo sfondo), e sottrazione (strati ritagliati da cui emergono sagome di sfondo), l’influenza di maestri dell’astratto, da Klee a Kandinskij. Quadri più grandi come axi, kake, shlak, esprimono invece la sicurezza dell’artista che ha scoperto un linguaggio finalmente coerente, ricco e malleabile, e si abbandona a giocarci. Le porzioni di tela appaiono qui raggruppate in repertori finiti, e combinate, come le lettere di un alfabeto visivo, a formare parole e storie sempre nuove. Le grandi dimensioni invitano a provare diversi registri di visualizzazione.

Da lontano se ne apprezza il valore quasi decorativo, il gioco ben orchestrato di simmetrie cromatiche e formali e della loro rottura. Uno sguardo ravvicinato rivela l’abilità degli accostamenti tonali, i piccoli aneddoti prospettici, certe alternanze figura-sfondo, e la fitta trama di richiami simbolici e stilistici, in cui si può riconoscere, come ricordato dalla curatrice della mostra Pia Candinas, “frammenti di pittura delle avanguardie del secolo scorso”, “immagini segnaletiche, calendari, partiture musicali” fino alla grafica lenta e un po’ ingenua dei primi videogames.
leopoldo papi
mostra visitata il 6 ottobre 2011
dal 28 settembre al 30 novembre 2011
Jean Jacques Du Plessis – Field of signs
a cura di Pia Candinas
Galleria Valentina Bonomo, via del Portico d’Ottavia 13, 00186 Roma
orario: 11,00 – 13,00 e 15,00 -19,00 dal martedì al sabato
ingresso libero
info: 06 6832766,
www.galleriabonomo.com info@galleriabonomo.com
[exibart]

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