Si tratta di una dozzina di opere di medio e grande formato, ma sono più che sufficienti a dare un’idea dell’opera di Massimo Attardi. Nato a Treviso, romano d’adozione, oggi vive ed opera all’interno dell’ex-Pastificio Cerere, edificio riadattato e trasformato in residenza per artisti accomuncati dall’uso di mezzi espressivi in qualche modo sperimentali.
Attardi adopera il mezzo fotografico come se dipingesse, al punto che la connotazione coloristica delle sue opere è molto forte, ma in realtà non vi è in esse alcun intervento pittorico.
L’effetto finale, infatti, è dovuto semplicemente all’impiego di una tecnica particolare, il cosiddetto procedimento di stampa “alla gomma bicromata”, che consiste nello stendere su una tavola di legno un’emulsione prodotta con gomma arabica, bicromato di potassio e un pigmento colorante; nell’appoggiarvi sopra un negativo fotografico a grandezza reale, e, una volta apparsa sulla tavola l’immagine positiva della foto, lasciare asciugare e fissare l’immagine, quindi ripetere il procedimento una decina di volte usando pigmenti di colore diverso.
Questa tecnica dona alle figure dell’artista una dimensione “altra”, diversa dal reale: in parte è come se le sue donne fossero per sempre imprigionate in un “negativo” fotografico, complice anche la luce e il colore che ne deriva; contemporaneamente è come se, solo grazie a questo procedimento, queste possano permettersi di vivere una vita propria e mostrarsi ai nostri occhi in maniera spesso sfrontata e impudica.
Sono donne di oggi, certamente, eppure sono anche simboli di una coscienza antica: a tratti sono come “inscatolate” in pose virtuali da film, altre volte paiono richiamare gli ammiccamenti di alcune immagini pubblicitarie. Ma sempre sono rese fortemente reali grazie al supporto utilizzato, il legno. Che è materia duttile e plasmabile, assimilabile quasi al corpo umano.
link correlati
www.massimoattardi.it
www.pastificiocerere.com
ilaria oliva
mostra visitata il 6 gennaio 2005
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