Le costanti discussioni sul ruolo dell’arte proprio non esauriscono le riflessioni sul tema che, con forza, si ripropone durante la visita alla mostra di Maurizio Savini. Partito per la capitale dell’Ossezia Vladikawkaz, con una missione umanitaria sostenuta dalla Protezione Civile Italiana e dalla Fondazione Pastificio Cerere, l’artista –dopo aver realizzato un’opera per il nuovo ospedale della città– torna a Roma. E mostra un lavoro che nasce dall’incontro con dei bambini, con cui si è confrontato nel corso di un workshop. E proprio al paese osseto, conosciuto dai più soprattutto per la tragedia dell’attentato alla scuola elementare di Beslan, che ha sconvolto la vita della città e dei sopravvissuti, fa riferimento il titolo del progetto esposto nella galleria L’Union e alla Fondazione Pastificio Cerere.
L’interno è quello tipico di una casa osseta, l’atmosfera è di festa. In entrambe le sedi espositive l’ambiente è familiare, apparentemente sereno, carico di ricordi. I richiami alla memoria personale e a quella storica sono segnati da dettagli che legano il trascorso del Paese a quello artistico di Savini. È evidente soprattutto a L’Union, dove, sulla parete di fondo della prima sala, campeggia in un “immobile sventolare” la bandiera dell’Unione Sovietica, realizzata in gomma da masticare rosa. Unico elemento fatto con la materia tipica della produzione di Savini, che rimane come segnale del suo percorso, così come la bandiera lo è della storia russa. Ma il colore rosa è presente ovunque: nella carta da parati, nelle bandierine appese, nelle piccole tele che rimandano agli abbecedari a parete delle elementari, nei ricami delle tende, che riproducono i disegni realizzati dai bambini durante il workshop. Chiara espressione della tragedia, i tratti infantili rigurgitano il trauma subito, colpendo con durezza l’emotività dello spettatore inserito, di contro, in un contesto gioioso, fatto di video con feste danzanti, tavola imbandita e, al Pastificio Cerere, canti tradizionali delle festività eseguiti durante l’inaugurazione.
Se a L’Union l’atmosfera è carica di suggestioni contrastanti e di elementi decorativi, al Pastificio Cerere l’ambiente è più essenziale, ma ugualmente d’impatto. Savini lavora ancora una volta sulla memoria, per realizzare una mappa della storia sociale e culturale dell’Ossezia: il tavolo della memoria interamente coperto di fotoricordo, la stanza vuota in cui vi sono solamente le due sedie che ospitavano i musicisti osseti per la loro performance di apertura e, sul pavimento, un mucchio di terra nuda a formare i contorni geografici dell’ex Urss. All’ingresso dello spazio un armadio a muro tutto rosa, un wall painting che strizza l’occhio alle recenti ricerche dell’artista.
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