Nel 1911 alla galleria Tannhauser di Monaco, viene allestita la prima mostra del Blau Reiter: Kandinskij inaugura così un indirizzo di ricerca che vuole emancipare la materia espressiva dall’oggetto della rappresentazione. Questo tipo di ricerca coinvolse, in epoche diverse, artisti che contribuirono così a far passare il termine di “non-forma” piuttosto che “informale”, al fine di evidenziare la maggiore ampiezza di una definizione, che univa sotto di sé i concetti di informale, action painting, espressionismo astratto, spazialismo e altro, opponendosi non tanto alla “figura”, quanto alla “forma” intesa come tradizione normativa, canone illusionista di matrice Occidentale.
A questo proposito la mostra di Lugano indaga sul grado di parentela che lega gli artisti oltre i confini di scuole, movimenti e tendenze. Sono più di cento le opere raccolte qui, tra dipinti e carte, di alcuni dei protagonisti del ‘900, provenienti da una sessantina di prestatori. Il percorso espositivo, di tipo cronologico, lascia che il visitatore sia guidato dalle parole degli artisti stessi piuttosto che da definizioni scientifiche. La preoccupazione comune dei protagonisti della mostra può essere avvicinata a quella che turbò lo stesso Kandinskij per primo: “Che cosa deve rimpiazzare l’oggetto?”. Proprio questo “baratro spaventoso” crea la “vertigine” che dà il titolo alla mostra, cioè la caratteristica ricerca di libertà espressiva da parte di tutti gli autori. A ciò si può aggiungere il legame con l’esistenzialismo, per l’importanza data al vissuto intimo, quello che Kandinskij definisce lo “spirituale nell’arte”.
La mostra si apre con le opere degli anni ‘20 di Kandinskij, Klee e Prampolini: qui il visitatore è accompagnato dalle note di Arnold Schönberg, autore che tentò con il suo lavoro di rompere la frase, ovvero la forma in musica. Si prosegue con una sala dedicata ai primi lavori di Hans Hartung. Poi, ecco le opere anni ‘20 e ‘30 di Dubuffet, Foutrier e Fontana. Il primo in particolare dimostra l’istintività dell’art brut e l’analogia tra arte plastica e musica. Infatti il confronto con una composizione musicale dello stesso Dubuffet, diffusa in sala, consente di capire l’importanza di concetti di “improvvisazione” ed “emotività”. La parte centrale della mostra si spinge sino alla fine degli anni ‘50 e sviluppa ulteriormente il concetto di emozione, di “necessità interiore” (Kandinskij), descrivendo la predilezione per il gesto spontaneo rispetto all’organizzazione formale, il rapporto diretto con la tela, fino al superamento del supporto con artisti come Burri e Fontana, alla pura fisicità di Pollock. Sono qui presenti anche lavori di Vedova, Morlotti, Capogrossi, Tapies, Michaux, Kline, Rothko.
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www.museo-cantonale-arte.ch
Niccolò Manzolini
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Mostra interessante dell'arte contemporanea che gradirei vedere, artisti di una potenza tale da farci rimanere incantati dinanzi alle loro opere. Invio i miei omaggi.
non sono stato ma di solito il museo di lugano dà delle soddisfazioni...
Ciao a tutti,
ho avuto modo di apprezzare Kandiskij qualche tempo fa a Milano presso la Fondazione Mazzotta: Mi piacerebbe ora ritrovarlo a Lugano ove vorrei fare una capatina proprio questa domenica. Qualcuno di Voi ci è per caso già stato e mi può comunicare qualche sensazione? Ne vale la pena?
grazie
ciao Stef-
Ho scritto un articolo sulla mostra di Lugano, pubblicato sul GIORNALE DEL POPOLO e su
http://www.rodoni.ch/busoni/pittura/informale.html