L’Azionismo Viennese fa tappa a Lecce con un’antologica dedicata ad uno dei suoi più importanti esponenti: Hermann Nitsch (Vienna, 1938). Un tributo al fondatore dell’Orgien Mysterien Theater, realizzato dalla PrimoPiano LivingGallery in collaborazione con la Fondazione Morra di Napoli e patrocinato dalla Regione Puglia. H-Aktivism presenta opere che percorrono la carriera dell’artista dagli anni Settanta ad oggi. Le tele, i video e i “relitti” dell’azione 108. lehraktion, realizzata a Roma nel 2001 in occasione della II sezione di Le Tribù dell’Arte, a cura di Achille Bonito Oliva, e di 111. festa di pentecoste, ospitata nel maggio 2002 dalla Fondazione Morra di Napoli presso la Vigna di S. Martino, sono i principali soggetti dell’esposizione. Una mostra che ha smosso la pigra e sopita realtà artistica locale, che, per la prima volta, si confronta con un evento di grande portata rispondendo, però, prontamente all’appello. Per entrare nel vivo della Gesamtkunstwerk, del “tutto come opera d’arte”. Un concetto fondamentale nell’opera di Nitsch che, fondandosi sul totale coinvolgimento sensoriale nell’azione, segna la via attraverso cui sublimare le pulsioni istintuali. Lo stato di alterazione psicofisico è la condizione necessaria all’uomo per raggiungere, in una doppia valenza rituale e purificatrice, l’apice dello stato di coscienza. Coscienza che, risvegliandosi dal torpore indotto dalle convenzioni sociali, supera il confine di subliminalità inconscia per riappropriarsi della purezza primordiale e bestiale che le è propria. Il simulacro del tabù e della morale comune è abbattuto in nome della vita. Ed è proprio in nome e per amore della vita che Nitsch ripercorre i riti arcaici di matrice religiosa come il sacrificio animale e i convivi propiziatori, che divengono veicolo privilegiato per inscenare la tragedia umana.
La gestualità estrema, teatrale, legittimata dal cerimoniale, esaspera il bisogno di un ritorno alle origini. L’esuberanza della materia e del colore, deliberatamente acutizzata, diviene il termine di decodificazione del messaggio. La presentazione oscena di carne, viscere e organi è, quindi, rappresentazione del trapasso, del passaggio doloroso ma catartico ad uno stato superiore di felicità. La festa, come le note feste di pentecoste, diventa tripudio di corpi e di colore, calore scaturente dal coinvolgimento, emanazione di un interiorità alla continua ricerca di se stessa. “Senza crudeltà non può esserci la festa, questo ci insegna la lunga storia dell’uomo” dice lo stesso artista.
Tutto si traduce in armonia. L’azione, nel suo farsi, diventa pentagramma di una sinfonia corale. Il colore è preludio all’azione, è contemporaneamente lo strumento e il fine ultimo, poiché racchiude in se il potere abbagliante della luce e la matericità della carne. Le barelle presenti in mostra, le grandi tele monocromatiche “contaminate” dal passaggio dell’uomo che si è fatto vate investito dalla sacralità conferita al gesto, i disegni e i video, sono non solo le tracce imperturbabili degli intenti estetici e semantici volutamente lasciati dall’artista, ma anche radici, non statiche, per azioni future. L’aura emanata dagli oggetti investiti dalla forza liberatrice del rito arcaico, propaga dai tessuti, dai materiali e dalle immagini, modificando l’ambiente e la percezione.
L’accompagnamento sonoro della composizioni nitschiane rivitalizza ulteriormente l’atmosfera originaria regalando private sensazioni di appartenenza col tutto.
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