Dopo le fortunate esposizioni
A bon droyt e
Augusta Fragmenta, la collaborazione tra la Regione
Valle d’Aosta e la Soprintendenza fiorentina si è focalizzata quest’anno su un
fenomeno cardine nella storia dell’arte occidentale: il passaggio dal mondo
medievale alle prime esperienze moderne nella Firenze d’inizio Quattrocento.
L’evento simbolo del confronto tra il naturalismo gotico e
l’urgenza antropocentrica umanistica, ovvero il concorso del 1401 per la
Porta
Nord del Battistero,
è evocato grazie a opere dei loro partecipanti, come due
Madonne col Bambino
di
Lorenzo Ghiberti e
Filippo Brunelleschi (diffusamente replicate) e una
delicata
Annunciata lignea del senese
Francesco di Valdambrino, proveniente
dal Museo Nazionale di San Matteo.
Il tema mariano consente inoltre di confrontare la diversa
sensibilità di artisti in vario modo legati a
Donatello, ovvero
Nanni di Bartolo,
Michelozzo (interprete di un severo
classicismo) e
Michele da Firenze, più incline alle ornate eleganze gotiche.
Tuttavia nella memoria restano soprattutto i dipinti del
filone cortese, indagato non solo nei suoi protagonisti – come
Gherardo
Starnina,
Lorenzo
Monaco e
Masolino – ma anche in figure minori ma di
qualità assai alta, come il
Maestro della Madonna Straus, con i suoi personaggi filiformi
e aristocratici.
Non a caso l’ambiente principale del percorso espositivo è
riservato alla pittura tardogotica matura, con al centro le
Storie di San
Benedetto degli
Uffizi,
impostate
forse da
Gentile da Fabriano ma eseguite da
Niccolò di Pietro, presenza quasi esotica per il
loro spiccato carattere veneto. Oltre alla
Natività di Lorenzo Monaco, con la sua
allucinata potenza cromatica, ad attrarre sono soprattutto il trittico di
Rossello
di Jacopo Franchi,
dalla grazia gracile e affabile, e la predella di
Giovanni dal Ponte, già aperta alle novità spaziali
e volumetriche masaccesche.
Anche le opere presentate nelle ultime sale, dedicate al
Rinascimento, denunciano una scelta di compromesso tra vecchio e nuovo. Non
soltanto nel genere più artigianale dei cassoni (in cui spicca un dipinto
attribuito a
Giovanni di Ser Giovanni, detto lo
Scheggia,
fratello di
Masaccio) ma nella produzione religiosa, dominata da
Beato
Angelico (da
citare in specie la giovanile e problematica
Tebaide)
e seguaci. Altro artista di
transizione è il geniale
Paolo Uccello, rappresentato dalla discussa
Predella di
Quarate e dalla
“pre-metafisica”
Santa monaca degli Uffizi.
Utile a misurare l’evoluzione della pittura tra la fine
del Trecento e la metà del secolo successivo può essere il raffronto tra
diverse redazioni del tema della
Madonna dell’umiltà, a partire dal linguaggio
tardo-giottesco di
Agnolo Gaddi, passando per gli straordinari esemplari cortesi di
Starnina e Masolino, per giungere alla modernità angelichiana divulgata da
Andrea
di Giusto.