Scegliere di portare l’arte contemporanea fuori dai musei e dalle gallerie. Entrare nello spazio del teatro, dislocare le opere lungo un percorso che ha il suo centro nel foyer, ma che tocca anche l’esterno, il chiostro, la piazza antistante, il mercato coperto. Cercare una traiettoria, in cui il momento artistico sia in rapporto con l’evento teatrale, ne accompagni l’inizio con un’esposizione temporanea, che avviene e poi scompare. L’idea è quella della performance, dell’happening, di un attimo che passa, in stretto rapporto con l’attimo teatrale.
Queste le premesse della scelta espositiva di Gianni Macalli, docente dell’Accademia Carrara di Bergamo e curatore della rassegna Foyer, che già dalla conferenza stampa dell’evento, aveva sottolineato la volontà di dare una “spinta” all’arte contemporanea nella città di Crema.
Durante le tre serate (22 gennaio, 18 febbraio e 4 aprile 2005) dedicate alla rassegna DanzArte, non sono mancate le espressioni stupite sui volti dei presenti, i vagabondaggi incerti tra le opere esposte, prima dell’inizio degli spettacoli, i dubbi sulla reale possibilità di proporre arte in un modo nuovo, diverso. Niente di tutto questo ha scoraggiato i curiosi, gli interessati, gli artisti stessi, che nel corso dei tre appuntamenti si sono proposti con trenta opere differenti.
Luca Pizzi e Antonio Solivari con Linfodreg, Lastre della coscienza speculare e Mercurio, hanno “giocato” con l’idea di spazio raccolto e di interattività, stimolando il pubblico a provare in prima persona un momento di creatività. Salta subito all’occhio la grande varietà: di temi, stili e tecniche, oltre alla giovane età degli artisti, in gran parte studenti delle Accademie di Belle Arti di Bergamo e Milano, alla costante ricerca di uno stile personale. Dai dipinti con le mani di Carolina Moretti, alle autoreferenziali installazioni video di Emanuela Persico, dalla Natura urbana di Luca Resta, che ha trasformato in strada il corridoio d’accesso alla sala teatrale, fino all’audace e criticata performance di Riccardo Benassi, Banchetto di raccolta firme per la ricostruzione integrale dell’acquedotto della fabbrica ex Feltrinelli di Cremona, con tanto di tamburi e brochure informative all’ingresso del teatro.
Una scelta espositiva contaminante che, oltre a rispecchiare un’attualissima tendenza nella diffusione dell’arte contemporanea, è anche una dichiarazione della volontà di entrare nel vissuto della città, contagiarne un luogo, il Teatro San Domenico, una delle maggiori realtà culturali a Crema. Seppur in un terreno ancora poco generoso nei confronti dei giovani artisti (in fatto di spazi e opportunità), emerge la volontà di testimoniare che l’arte esiste anche in provincia e vuole uscire allo scoperto. In questa occasione, lo fa proprio uscendo dai luoghi consueti, dall’idea ancor troppo radicata di mostra come momento di contemplazione. E sfida pregiudizi e luoghi comuni, in una zona in cui l’arte contemporanea fatica ad trovare un suo pubblico che la segua con consapevolezza critica, che permetta di apprezzarne le novità, i differenti aspetti e le forme del suo manifestarsi.
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silvia scaravaggi
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