Qualcosa di commovente e di romantico sfiora la storia di questi due artisti, uniti negli interessi come nella vita. Incontratisi a Weimar all’inizio degli anni Venti, Anni e Josef Albers trascorsero felicemente insieme la loro intera esistenza, tanto che, una volta costretti a migrare negli Stati Uniti nel 1933 in seguito all’ascesa di Hitler e alla conseguente chiusura del Bauhaus di Dessau, avrebbero condiviso anche la profonda passione che li legava alla cultura precolombiana e alle sue espressioni artistiche.
In una mostra davvero ricca di materiali, dai disegni alle fotografie, dai prodotti tessili agli arazzi geometrici, dai documenti cartacei ai manufatti, si ripercorrono tutte le tappe di un amore crescente nei confronti delle civiltà sudamericane anteriori all’avvento dei conquistadores. Un itinerario evocativo che, in stretta collaborazione con la Anni and Josef Albers Foundation di Bethany, ha reso possibile tracciare un filo rosso che lega la documentazione raccolta nei viaggi dei coniugi Albers tra il 1934 e 1967 e i simultanei sviluppi della loro arte, nel campo della pittura e della produzione tessile.
Gli studi in gouache e acquerello di Anni rivelano un aspetto del suo lavoro finora poco conosciuto, mentre le numerose tele tessute, i disegni e gli studi preparatori (ricordiamo che a Weimar Anni era studentessa del corso di tessitura), manifestano una pronta comprensione della struttura, dei modelli, dei colori e dei significati dei prodotti tessili peruviani. Affascinata dalla forma espressiva delle popolazioni preispaniche, ancora prive del linguaggio scritto, Anni si appropria di questo codice non verbale, fatto di simboli e colori forti, per tradurli, secondo la sua esigenza artistica, sul telaio. Meandri, triangoli, disegni geometrici presenti sui suoi arazzi, messi a confronto con le decorazioni dei reperti archeologici fotografati durante i suoi viaggi, dichiarano apertamente la provenienza della loro influenza formale. Anche i prodotti di artigianato locale ispirano ad Anni una serie
Alla profonda poliedricità dell’artista fa eco lo studio appassionato del marito Josef che, attraverso le oltre quattrocento fotografie scattate durante i suoi soggiorni, rivela un interesse particolare per i complessi reticoli geometrici tracciati nelle architetture dei popoli Maya, punto di partenza importante per la sua successiva produzione pittorica e per la serie, ormai famosa, di Omaggio al Quadrato, che occupò gran parte del suo lavoro a partire dal 1950. Per la prima volta vengono esposti insieme i disegni preparatori e le tele della serie Tenayuca (1943), messi in relazione con il sito archeologico dell’omonima piramide azteca, immortalata sempre in quegli anni dall’obiettivo dell’artista. Josef, diversamente dalla moglie, usa colori più forti, più spessi e brillanti. Tra il 1936 e il 1946, proprio in seguito ai suoi viaggi in Messico, cambia radicalmente stile: così in Mexicano, l’artista sembra evocare diagrammi di siti archeologici, templi visti o immaginati da un aereo, e un cielo azzurro tra il surreale e il magico.
Come a due collezionisti affascinati da immagini e forme di una cultura altra, agli Albers va il merito, ognuno secondo le proprie predisposizioni, di essere riusciti a far dialogare ancora una volta un linguaggio dimenticato con il contemporaneo.
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