Prove sperimentali di dinamiche di gruppo: i video di Aernout Mik (Olanda, Groningen, 1962) sembrano scavare nei codici costituiti del comportamento dell’uomo in presenza dei suoi simili, per estrapolarne le contraddizioni e i nonsensi. Con acuta e critica ironia, Mik mette in scena situazioni paradossali, in cui gruppi di persone si muovono compiendo gli atti più assurdi (o semplicemente liberi da vincoli comportamentali) all’interno di scenari quotidiani.
Per la prima volta in Spagna, in mostra 10 lavori realizzati tra il 1996 e il 2002, in un percorso (obbligato?) curato dallo stesso artista, in cui i video vengono proiettati su pannelli ad altezza di spettatore che non superano l’1,75 m, creando una successione di spazi che riflettono e avvolgono allo stesso tempo. Si diventa così quasi partecipi
Non è dunque la narrazione al centro dell’opera di Mik, ma la presentazione di una situazione, che coinvolge lo spettatore per l’illogico realismo da una parte e per la presentazione in uno spazio “architettonico” e inclusivo dall’altra. Esemplare in questo senso Organic Escalator (2000), un’installazione in cui le immagini (un ammasso di persone pigiate su una scala mobile, mentre lo sfondo è scosso da un crollo strutturale) sono proiettate sul fondo di uno spazio cubico, le cui pareti laterali si muovo avanti e indietro, creando una sensazione di movimento reale anche per il fruitore e generando tre piani: lo sfondo che frana, le persone vacillanti sulla scala, lo spettatore all’interno di una realtà anch’essa instabile. Che sia in realtà una verifica empirica di dinamiche del singolo?
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