Tutta la breve ma prolifica vita del pittore e scultore Ahti Lavonen (1928-1970), padre della corrente informale finlandese, è riportata nella completa retrospettiva curata dalla Kunsthalle di Helsinki. Le 80 opere esposte, provenienti da importanti musei e – per la prima volta – da collezioni private, ne documentano puntualmente la personale evoluzione linguistica e l’adesione a scelte stilistiche d’avanguardia (essenziali anche per la decisa spinta modernista data ad una nazione, la Finlandia, rimasta fino ad allora decentrata rispetto a certe dinamiche artistiche europee).
Le parole dell’artista “…non vedo nessun confine reale fra le arti, solo un gran bisogno di espressione e di esprimere…” costituiscono il trait d’union tra i primi lavori figurativi degli anni ’50 -nature morte dalle prospettive volutamente impossibili- l’astrattismo delle opere di ricerca del decennio successivo -scandito dai periodi rosso, marrone, nero, bianco, argento- e la ricerca di tridimensionalità delle sculture in acciaio e plexiglass e dei quadri scultorei (che si piegano fino quasi ad imporsi una nuova esistenza spaziale).
Nella parabola artistica di Lavonen tutto è sperimentazione: stracci, carta, sabbia, colla, pittura acrilica si mischiano freneticamente all’istituzionale olio su tela in un iter di semplificazione -più esistenziale che estetico- che agisce sull’ossatura portante dell’opera. Dalla figura passa velocemente alla ricerca coloristica e grafica, giungendo alla fase della piena maturità (fine anni ’60), chiaramente influenzata dall’opera di Mondrian, in cui il rigore elementare si acuisce nelle stesura del colore a zone –monocromatismi e bi-cromatismi- e nella rigorosa geometria delle linee.
Tra i dipinti, i collages, i disegni a inchiostro, le sculture, i grandi wall-paintings
L’azione vigorosa di Lavonen si manifesta come graffio, colore materico, accrochage, strana incisione simbolico-ermetica, a scalfire i segni convenzionali dell’estetica superficiale, per svelarne valori più puri, celati. Il tratto, laddove emerge, è grave e violento ma le campiture di colore (talvolta così fluorescenti da apparire pop, su supporti di tela, alluminio, plastica) -frammiste ad aree totalmente acromatiche- si uniscono o si isolano in forme astratte che esprimono purezza formale, immediata leggibilità e armonia. La linea pulita, essenziale (emblematica, a tal proposito, la scultura del 1968 Northern Shape), stempera i cromatismi ostici e rimanda inevitabilmente a quel funzionalismo nordico ideale – non solo idealizzato – che influenzerà gran parte della produzione finlandese nel campo dell’architettura e del design.
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www.helsinkifestival.fi
gaetano salerno
mostra visitata il 22 agosto 2004
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