Benvenuti a Münster! Skulpture Projeckte, l’attualissima kermesse tedesca della scultura site-specific a scadenza decennale è un evento ghiotto, seppure piuttosto impegnativo da fruire. Ebbene, dopo tortuose tappe ciclistiche -perché è il pedale il solo mezzo idoneo a rendere praticabile questa “caccia al tesoro” per strade, piazze e parchi della città- se si hanno ancora forze residue da mettere in campo, la meta da raggiungere -comodamente in autobus- è senz’altro la banchina sinistra dello Stadthafen, cioè il porto cittadino. E non solo perché è il luogo più cool della città. Lungo questo braccio d’acqua che comunica con un grande canale di navigazione, apparentemente regna sovrana l’atmosfera da zona industriale d’altri tempi, ridotta a monumentale sito archeologico dominato da un neo-gotico quasi da brivido. Ma niente panico, sono in corso alcuni restauri ed è qui che una schiera di artisti, galleristi, designer e architetti si sta stabilento. E qui, visto l’afflusso di un pubblico sempre più numeroso e sempre più nottambulo, ormai fanno fortuna caffè, ristoranti e jazz club.
Al quinto piano di uno degli edifici già ristrutturati (Hafenweg 28), la galleria Ausstellungshalle zeitgenössische Kunst propone fino al 26 agosto una mostra del britannico Phil Collins (1970) con la videoinstallazione che fece scalpore alla Biennale di Istanbul del 2005, opera che poi valse all’artista la nomina a finalista del Turner Prize 2006. The return of the real è una sorta di indagine sul potere di attrazione e di manipolazione del medium televisivo in cui l’artista gioca al raddoppio rimettendo in scena e dando voce a personaggi già protagonisti di reality-tv alle prese con un catastrofico ritorno alla quotidianità.
L’indirizzo è di quelli che contano, perché nello stesso stabile, ma al secondo piano, ha sede una galleria, la Mike Karstens, che negli ultimi dieci anni ha presentato artisti notevolissimi dei quali ora offre una documentazione espositiva in forma di opere grafiche. Ci sono Paik, Oldenburg, Kirkeby, Trockel, Polke, Richter e innanzitutto Kabakov in una posizione di privilegio, anche nel titolo della mostra. Ten Years After – da Kabakov a
Proprio il senso della storia a Münster sembra essere una costante, forse anche un’ossessione, fattore che è stato colto in vari modi, e talvolta con ironia, anche da alcuni artisti che partecipano alla Skulptur Projekte. È la città stessa che ha introiettato nella propria essenza i grandi eventi storici dell’Europa avendoli vissuti in prima persona: dall’instaurarsi del cristianesimo alle guerre di religione, qui con un ulteriore e definitivo colpo di coda del controriformismo; dalla Guerra dei Trent’anni, alle conquiste napoleoniche, fino alla devastante seconda guerra mondiale in cui Münster fu rasa al suolo. Lo spirito di una città non muore mai. Bisognerebbe aprire un capitolo a parte per parlare della ricostruzione di questa città, dei criteri di restauro che ne hanno decretato la rigenerazione, dell’eccellente architettura che oggi struttura il tessuto della città moderna, un’architettura anche di paesaggio, una architettura a misura d’uomo, per usare una espressione antiquata.
Certamente il museo è il luogo del tempo dell’arte, ed è una bella scoperta il Westfälisches Landesmuseum für Kunst und Kulturgeschichte, in altri termini il museo regionale la cui collezione parte dal medioevo. Nella sezione moderna si va da quelle correnti tedesche che hanno preceduto le avanguardie del primo novecento, per arrivare, con ottimi nomi e con quadri significativi, all’espressionismo della Brücke e del Blauer Reiter, all’astrattismo e ad altre esperienze, fino alle neo-avanguardie internazionali in cui figurano anche opere di Manzoni, Fontana e Rotella. Riguardo a quest’ultimo si mostra come non avesse proprio l’esclusiva nella pratica del décollage e che un lacerto stratificato di affiche di Wolf Vostell, verosimilmente strappato per strada, sia addirittura databile 1954 (con il titolo Fall and Rise and Fall. Al pianterreno del museo si documenta la cronologica della Skulptur Projekte a partire dalle origini. Correva l’anno 1977…
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