Huang Hai-Hsin, ritratto dell’artista. Credit GQ Taiwan
Nel corso dell’ultimo decennio ho trascorso ogni estate alla piscina di McCarren Park, una tradizione iniziata proprio dieci anni fa quando mi sono trasferita a Greenpoint, quartiere situato all’estremità settentrionale di Brooklyn, lungo l’East River. Conquistata dal fascino esercitato da questa enorme piscina all’aria aperta mi crogiolavo al meraviglioso sole di New York e facevo nuotate energizzanti. Le mie visite quotidiane – fatta eccezione per i fine settimana che ho sempre evitato per schivare la folla frenetica – erano il mio rito per godermi l’acqua in pace. Durante quei momenti, il mio animo era pervaso da un profondo senso di solitudine ma anche da una sensazione di assoluta libertà. Queste esperienze mi hanno resa l’adulta che sono, mi hanno guidata nell’affrontare e abbracciare la vita con ferma risolutezza.
Quest’estate è stata la prima volta dopo il periodo destabilizzante del Covid che sono tornata alla mia amata routine cioè a muovermi e a galleggiare liberamente nell’acqua cristallina. Tutte le volte che osservo i diversi colori della pelle che risplendono sotto il sole e nell’acqua avverto la bellezza della vita. Mi sembra di rinascere, di riconnettermi con me stessa in maniera simile allo sbocciare della primavera.
Un giorno di luglio, ho preso un treno della linea F fino al capolinea per partecipare a una festa indiana. Una volta passata la stazione di Jackson Heights, i passeggeri rimasti a bordo del treno sembravano gente dalla vita tutt’altro che facile. All’improvviso, un uomo di colore ha bloccato le porte del treno ed è entrato nella carrozza con un altoparlante, gridando: “Show time!!!È l’ora dello spettacolo!” Ha iniziato a esibirsi usando il palo della metropolitana, facendo corse, salti, piroette e acrobazie impressionanti, assicurandosi però di non toccare nessuno. Nonostante la sua esibizione energica, tutti i passeggeri sono rimasti in silenzio, apparentemente indifferenti al suo spettacolo. Ha persino cercato di convincere un uomo indiano anziano e dall’aria seria, vestito con abiti tradizionali indù, a salutarlo con un “brofist”, mentre era appeso a testa in giù sul palo. I passeggeri accanto all’anziano dall’aria confusa e insensibile hanno cercato di spiegargli cosa stesse accadendo per qualche secondo. Tuttavia quando l’anziano ha tentato di muovere le braccia, l’uomo che stava facendo lo spettacolo era già andato avanti con la sua esibizione.
Quando il treno si è avvicinato alla stazione successiva, la musica si è fermata in mezzo al silenzio generale. Nessuno a parte me e un altro uomo di colore seduto di fronte a me ha applaudito. Sentendomi piuttosto in imbarazzo per il performer, sono rimasta sorpresa dal fatto che improvvisamente ha iniziato a rimproverare l’intero vagone del treno:
“Perché siete tutti così indispettiti!”
“Questo è il treno più indispettito che abbia mai visto!”
“Mi avete appena fissato a torso nudo e non avete detto niente? NON MI AVETE DEGNATO NEMMENO DI UN SORRISO!”
Poi è sceso dal treno alquanto incazzato. Questo episodio mi ha trasmesso una lezione importante: se in una certa situazione non sei tu a sentirti in imbarazzo, allora sono gli altri a esserlo.
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