Dante e l’arte pubblica: conversazione con Massimiliano Finazzer Flory

di - 19 Giugno 2021

Riattivazione di luoghi in disuso della città; una mano in marmo di Carrara con il dito medio alzato – realizzata da un artista che non ha bisogno di presentazioni – installato nella piazza della borsa che a Milano resterà in comodato d’uso per due decenni; una finta rissa in galleria Vittorio Emanuele, alla maniera dei futuristi; letture sui tram e nelle piazze della metropoli…e ora, ogni giorno alla stessa ora dal 3 maggio al 9 luglio la lettura di un canto della Divina Commedia di Dante, come una azione totale e immersiva, per riattivare la città e i suoi animi attraverso le parole del sommo poeta…sono state queste alcune delle performance di Massimiliano Finazzer Flory, regista, attore, già Assessore alla Cultura del Comune di Milano e per questa occasione curatore della mostra “L’amor che move il sole e l’altre stelle”, al Parco di CityLife, che trasforma le parole in arte pubblica. Lo abbiamo intervistato.

Finazzer Flory e Roberto Cacciapaglia

Massimiliano, da più di dieci anni il suo percorso restituisce alla cultura una voce attiva, originale ed energica alla città di Milano. Lo dimostra anche il film, girato sotto pandemia con le strade deserte e i monumenti come protagonisti, Ali dorate, un tributo alle parole di chi è passato prima di noi. Per la celebrazione di Dante a 700 anni dalla sua scomparsa, ha messo in scena un progetto pubblico su due fronti. Il primo all’interno della Cattedrale del Duomo e il secondo, inaugurato giovedì 27 maggio, nel giardino di CityLife, simbolo della “città che sale” milanese. Quando ha deciso di intraprendere questo cammino su Dante per Milano?

«Forse a San Pietroburgo diversi anni fa quando recitai il Canto di Paolo e Francesca all’Hermitage, immerso tra nostre opere d’arte antiche. Lì mi sentii italiano, anzi latino e cristiano. Ma su Milano ho creduto che le Torri di CityLife potessero essere altro: non grattacieli ma sguardo verso i cieli, appunto poesia urbana con Dante geometra divino. La città offre in un unico luogo, in un unico regno, la triplice presenza di inferno, purgatorio, paradiso (terrestre). Dipende da noi come muoverci».

Michelangelo Pistoletto, per L’amor che move il sole e le altre stelle

“L’amor che move il sole e l’altre stelle”, la mostra pubblica realizzata nel grande prato di CityLife, mette in scena artisti di diverse generazioni e dai diversi linguaggi. Ci racconta chi sono e come sono stati coinvolti per questo progetto?

«Secondo categorie dantesche: indipendenti, sperimentali, capaci di guida con fede e ragione e amanti dell’esilio, ovvero artisti che fanno del viaggio la loro esperienza. Come Michelangelo Pistoletto, autentico ambasciatore di pace e progresso di quell’Italia che conta all’estero, Marco Nereo Rotelli, Lucia Cristiani, Michela Lucenti con Fermata Tre Colori, grazie alla collaborazione di IGPDecaux, Patrick Tuttofuoco, Alice Padovani, Velasco Vitali, Alice Ronchi, Matteo Vettorello, l’amico fraterno Giovanni Gastel, recentemente scomparso, che in questa mostra vive non solo come fotografo ma anche, come egli avrebbe voluto, poeta. E, infine, il Grande Libro, che spero possa diventare un’istallazione itinerante, di 2,20 x 3 metri in legno – smalto – resina, in cui è installata l’opera sonora Cammino stellare appositamente composta dal compositore Roberto Cacciapaglia. Ad ognuno ovviamente ho lasciato libertà vincolata al servizio dei versi di Dante, ne è poi seguito un confronto dialettico».

Lucia Cristiani, Silt Prophecy, CityLife

La città di Milano come risponde all’arte pubblica?

«Milano è arte pubblica, che ricordo non è statale ma “pubblica”, nel senso che è comunicazione continua di creatività in divenire. La città in fondo è un libro aperto, spesso una commedia da interpretare. Milano è arte perché i suoi abitanti non sono residenti ma resilienti al conformismo urbano grazie a un uso non consumistico del design e a volte della moda. Si può fare meglio chiaramente, si deve dare opportunità ai giovani di merito. L’arte contemporanea è la via».

L’installazione di Patrick Tuttofuoco, a CityLife

La mescolanza di linguaggi, stili, talenti è sempre stata nella sua ricerca. Dalla letteratura alla musica, dal teatro al cinema, fino all’arte visiva. Perché ha intrapreso il percorso di mostra? Dante lascerà dunque una traccia importante a Milano?

«Dante, e io mi impegno in questo, non è solo la traccia del divino, di quella grazia che viene dal nostro cristianesimo, ma anche un profeta di un’Italia di cui abbiamo bisogno. E Milano oggi è una città d’arte sotto choc che ha bisogno di tornare a credere a quella nazione e alla cultura come suo governo».

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