Hyperbole, installation view
Dopo l’interessante rassegna collettiva “APOCALYPSE” dell’ottobre 2019, curata da Valentino Catricalà, ancora un’altra importante indagine da Nicola Pedana sotto il segno dell’Hiperbole, a cura di Domenico de Chirico, in cui s’indaga la metafisica dell’’insolito con artisti del calibro di Arno Beck, Francesco Cima, Ivano Troisi, Krzysztof Grzybacz, Sabrina Casadei, Virginia Russolo, Tommy Camerno.
La ricerca visiva comunemente sottintesa come realtà visibile non è semplice riporto passivo della realtà ma bisogno di indagare il dato ’inconoscibile. Si tratta di una questione essenzialmente soggettiva. Nella vita quotidiana c’è sempre qualcosa di nuovo che genera qualcos’altro di diverso suggerendo un’attenzione sensibile e una percezione particolare per una significativa apertura che possa dare concretezza all’immaginazione.
Il riferimento all’Hyperbole e alle figure retoriche nasce soprattutto dalla consapevolezza di prendere in considerazione la rappresentazione della realtà esasperando volutamente e amplificando l’espressione un milione di volte ancora. Un atto lucido a “forzare” le resistenze del dato conoscitivo tra presenza e interazione in cui la distanza possa evolversi e concretizzarsi in una nuova e diversa visione. A tal proposito, Domenico de Chirico scrive: “Non si tratta di un’alterazione della realtà al fine di ingannare ma, al contrario, di un’enfatizzazione di essa allo scopo di dare maggiore credibilità al messaggio in questione”, perché la realtà sia a tal punto scandagliata da far scaturire un dubbio che possa estendersi a dismisura fino all’infinito.
I dipinti di Arno Beeck, vengono generati attorno all’estetica digitale, catturando l’essenza, la trasformazione e la sensazione di tipo tattile. Ivano Troisi analizza i processi che ne caratterizzano le trasformazioni e le mutazioni alla ricerca dell’essenza pura della natura, mentre Tommy Camerno, alla ricerca del desiderio e del precario, evidenzia una “mise en scène” contrastanti tra materiali e stati psicologici. L’artista polacco Krzysztof Grzybacz, rimane particolarmente interessato a ripristinare il senso del vero per poter cogliere la realtà fenomenica in cui tutti gli elementi raffigurati dominano la scena. Anche la ricerca di Francesco Cima si sviluppa attraverso la pittura, sensuale e raffinata che nasce da una rappresentazione costellata di misteri e di narrazioni sospese.
Virgilia Russolo parte dalla sospensione dell’idea che abbiamo della materia per poi procedere verso la trasgressione e la simbologia aprendo nuovi varchi a significativi nuovi approdi. Con i materiali che usa: pelle, pelo, cuoio, grasso, oli e cere, il pensiero e la forma si legano come opposti e si completano tra attrazione e repulsione in perenne conflitto.
Con Sabrina Casadei, la rappresentazione del paesaggio nasce essenzialmente da un gesto di attrito di forme fluide e in continuo mutamento, da forze tettoniche in continua compenetrazione generando insolite suggestioni fantastiche al limite della riconoscibilità. Non a caso, la dimensione spaziale si condensa in un precario universo di presenze come sedimentazioni, concrezioni organiche, frane improvvise, smottamenti del terreno e anche esplosioni telluriche e cosmiche. Paesaggi provvisori e visionari che mutano continuamente, declinati attraverso variazioni di umori e dissonanze destinate a rinnovarsi in apparenze e suggestioni sempre più inconsuete, essenze oscure emerse come precari frammenti trascorrenti originate da un tempo dominato dall’incertezza e dall’indifferenza della condizione umana.
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