Gerhard Richter,
Anselm Kiefer e Gerhard Richter, due visioni che fanno i conti e che si intrecciano con la storia dell’arte del Novecento, due facce della stessa medaglia, già protagonisti indiscussi dell’arte contemporanea e che vengono nuovamente celebrati, in quest’occasione, dalla Germania, loro terra natia.
Il 27 febbraio 2023, Anselm Kiefer è stato insignito della Gran Croce di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Federale di Germania, in riconoscimento agli eccezionali servizi resi. Il premio gli è stato consegnato nella residenza dell’ambasciatore tedesco in Francia, Hans Dieter Lucas, da Claudia Roth, Ministro di Stato presso il Cancelliere federale e Commissario del governo federale per la cultura e i media.
Artista il cui lavoro ha goduto di fama internazionale per molti decenni, nella sua ricerca affronta la storia tedesca, in particolare il nazionalsocialismo, la guerra e le atrocità dell’Olocausto. «Nel rendere omaggio ad Anselm Kiefer oggi, celebriamo anche un europeo, un artista il cui lavoro non cessa di attraversare le frontiere, un tedesco con un profondo attaccamento alla Francia. Anselm Kiefer è un artista di statura internazionale. Incarna una Germania del Dopoguerra che ha affrontato i demoni del suo passato, anche attraverso la creatività dell’arte. Allo stesso tempo, rappresenta una forma d’arte che affronta i principali problemi esistenziali e ha un impatto di vasta portata al di là della Germania», sono queste le parole dell’ambasciatore Hans-Dieter Lucas.
E se le ricerche tanto forti quanto personali di Anselm Kiefer e Gerhard Richter si contrappongono, per stili e materiali esplorati, sono proprio i ricordi legati al drammatico momento dell’ Olocausto e del terzo reich che costituiscono un punto di tangenza. Un fil rouge macabro che lega anche la serie Birkenau (2014) di Richter esposta al museo Neue Nationalgalerie di Berlino, per la mostra “100 Werke für Berlin”.
Una esposizione totalizzante, con l’intento di restituire una chiara retrospettiva della ricerca di Richter, scandaglia i rapporti tra oltre 100 delle sue opere, le quali trovano il proprio baricentro attorno alla serie Birkenau: quattro fotografie del campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, riportate poi su tela, astratte attraverso svariate pennellate e riflesse da uno specchio diviso in quattro parti, collocato di fronte ai dipinti. Accanto al ciclo dell’Olocausto sono esposte quasi 90 opere frutto delle diverse fasi creative, tra cui dipinti fotografici Squatters’ House (1989), 4.900 Colors (2007) e Strip (2013-2016).
La ricerca di Richter si potrebbe definire come il frutto di diverse personalità , perfino in antitesi tra loro: dolcezza, rabbia, caos e ordine, sentimenti incasellati nel mosaico di una lunga produzione, sempre curiosa e aperta alla sperimentazione. E poi Kiefer, che descrive un microcosmo della memoria collettiva, ricettacolo di allusioni culturali, letterarie e filosofiche, che sembrano offrire una risposta visiva, coraggiosa e consapevole, alla celebre affermazione di Theodor W. Adorno: «Scrivere una poesia dopo Auschwitz è un atto di barbarie».
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