Mikhael Subotzky & Patrick Waterhouse, Hallelujah's first job when he moved to Ponte in 1981 was to clean the swimming pool (0435), 2008
Una concomitanza che dà un segnale forte e indica la volontà di un posizionamento ben preciso nel mondo dell’arte contemporanea: mentre a Londra prende il via la Frieze Week, in Cork Street viene inaugurata la nuova sede della Goodman Gallery, la prima in Europa della storica galleria sudafricana, nata a Johannesburg nel 1966, attiva anche a Cape Town. E nonostante la settimana sia ricchissima di novità di primo piano, questa inaugurazione non è passata inosservata.
Per l’apertura del nuovo spazio di oltre 500 metri quadrati, all’interno di uno degli edifici più belli della via che ospita le più prestigiose gallerie di Londra, è stata allestita una mostra che, in linea con la tradizione della Goodman Gallery, espone opere che oltre alla rilevanza estetica lanciano un messaggio per l’integrazione e la rigenerazione sociale.
“I’ve grown roses in this garden of mine/2019”, con artisti dall’Africa e dalle Americhe, trae il nome da uno dei lavori di Gabrielle Goliath e mira a esplorare nuovi processi di cura, attraverso la condivisione collettiva dei ricordi e delle esperienze di dolore. Kudzanai Chiurai, Nolan Oswald Dennis, Haroon Gunn-Salie, Grada Kilomba, Misheck Masamvu, Mikhael Subotzky e Naama Tsabar sono alcuni degli artisti già inseriti nel circuito internazionale, che vengono ora proposti in particolare al pubblico europeo.
Le sfide post-coloniali, il tema razziale, il non rispetto dell’uomo che si allarga allo sfruttamento ambientale entrano in questa mostra sulla scia culturale che ha sempre contraddistinto la Goodman Gallery, creata da Linda Givon nei tempi più duri dell’apartheid, e dal 2008 passata a Liza Essers, figlia di un rifugiato libico, un’altra donna che intende dare al suo progetto un significato militante.
Passati gli anni in cui nella galleria a Johannesburg gli ospiti neri dovevano farsi scambiare per camerieri nel caso di controlli della polizia, Essers, raccogliendo il testimone della fondatrice – un personaggio iconico nel mondo artistico africano – intende continuare sulla scia della proposta originale ma aprendo a un orizzonte internazionale, superando le regionalizzazioni e concentrandosi ancora di più sul messaggio che l’arte può portare. Un messaggio consolidato anche da un’attività di sostegno concreto a progetti di sviluppo sociale, cosa non certo comune per una galleria d’arte.
Come ha recentemente dichiarato, la nuova proprietaria intende far sì che gli artisti che entrano nelle sue gallerie rimangano nella storia dell’arte e anche per questo obiettivo non è secondaria la scelta di Londra. Significativi i nomi di grande risonanza chiamati per la co-direzione della nuova sede: Emma Menell, a questo punto ex di Tyburn Gallery, e Jo Stella-Sawicka, che ha lasciato la direzione artistica di Frieze per questo nuovo incarico.
Per la fiera in corso, anche lo stand di Goodman promette di essere innovativo: le opere in mostra saranno cambiate tre volte nelle giornate dell’esposizione, in un percorso di arte che punta a far comprendere il ricambio generazionale tra nomi affermati ed emergenti del panorama africano e della “diaspora”.
Interessante notare che Africa e diaspora saranno nello stesso tempo protagonisti anche di 1-54 Contemporary African Art Fair, che si tiene presso la Somerset House: un altro grande evento di questa intensissima settimana londinese, che nel suo titolo sintetizza l’attenzione per i 54 Paesi del Continente.
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