"Porta Portese", a cura di Gaia Bobò, Spaziomensa. Photo credit: Renato Gozzano, Karin Maurach.
“Porta Portese” a Spaziomensa suggerisce una riflessione sul dispositivo del mercato, inteso come luogo di trasmissione e di transito, non solo degli oggetti ma anche delle immagini. A cura di Gaia Bobò, l’esposizione parte da un’indagine fortemente legata alla città di Roma, in cui da tempo avviene quell’ “esperienza epifanica” che è Porta Portese. Il mercato come spazio culturale effimero, piattaforma di circolazione di persone e oggetti ritmicamente performata dagli individui e dalle maschere che lo attraversano. Composta da tre sezioni, la mostra collettiva focalizza le dinamiche trasmissive della cultura immateriale e i processi migratori delle immagini. Realizzata col sostegno dell’Associazione Arte Contemporanea Catania_Bruxelles, “Porta Portese” sarà visitabile a Spaziomensa fino al 18 dicembre.
Smontato e rimontato sulla base di nuove istruzioni, in “Porta Portese” il mercato svela quelle sue sfaccettature oltre la superficie. Il mercato di “Porta Portese” a Spaziomensa è un mercato mutato provvisoriamente in un ecosistema culturale e restituisce molteplici visioni e chiavi di lettura. Gli artisti coinvolti, contribuendo con la loro personale ricerca, partecipano alla narrazione della città di Roma come luogo di transito. Così, come in uno spazio in cui niente è duraturo e tutto è in movimento, lo sguardo acquista nuove prospettive indicate da questi mix e combinazioni artistici.
In un allestimento che si rifà alla forma del mercato, emergono quelli che sono i suoi tratti distintivi di questo dispositivo quindi il momento del percorso, della ricerca, della scoperta e della raccolta. La prima sezione Group Show riunisce opere di artisti emergenti e già affermati. Come ascoltando un rondò alla turca, si cammina tra le opere di Tomaso Binga, Lucia Cristiani, Auriea Harvey, Jonas Lund, Giulia Mangoni, Meletios Meletiou, Diego Miguel Mirabella, Jacopo Rinaldi, Agnese Spolverini, The Cool Couple, Elo Vega, Alessandro Vizzini e Benyamin Zolfaghari.
Ad aprire l’inizio del percorso, TOS Terms of Service (2016), dell’artista svedese Jonas Lund che mette in risalto le implicazioni implicite all’ingresso in uno spazio culturalmente determinato. L’opera prende forma in un contratto che regola il rapporto tra lo spettatore e l’ecosistema espositivo, leggendo in chiave ironica questa relazione.
Giulia Mangoni riassume il momento dell’offerta, dello scambio e della cura nel suo dipinto-scultura-mercato con Chicken Cabinet (2021). Il collettivo The Cool Couple presenta il riadattamento dell’opera Cool People Pay Happily (2016), scaturita dagli interrogativi sulla forza motrice della lacuna, sul desiderio e sulle diverse dimensioni abitate dalle immagini. Invece, il locus è al centro dell’OperaPoesia MATER-7 Giallo (2016) di Tomaso Binga. In questo caso lo spazio si intende come luogo privato e contemporaneamente condiviso, indeterminato e atemporale oltre che fisico.
Printed Matter è la seconda sezione di “Porta Portese”, dedicata ai linguaggi della stampa e del libro d’artista, qui si affiancano opere del Novecento e più recenti. Come Il Quaderno (1997) di Sergio Sarra ed Emilio Prini, in cui le pagine bianche concretizzano l’azzeramento e il silenzio. Quentin Lefranc presenta la ricostruzione di uno spazio a metà tra individuale e pubblico, richiamando il metodo esplorativo della flânerie. Qui, tra gli altri, viene rivolta una particolare attenzione anche all’esperienza italiana della Poesia Visiva con Lamberto Pignotti e Lucia Marcucci, portavoce di un quadro esperienziale ricco di testimonianze, molte ancora inesplorate. In mostra per questa sezione anche i materiali di importanti punti di riferimento della cultura editoriale e grafica romana come la Litografia Bulla, la Collezione Giuseppe Garrera e lo Studio Bibliografico Marini.
A chiudere “Porta Portese” a Spaziomensa, il progetto Il Lanternista (2018) del collettivo Gli Impresari, sviluppato sull’elemento della lanterna magica e sulla figura del lanternista, in collaborazione con numerosi artisti. Così, l’esposizione tutta si registra come una meta-riflessione sul display del mercato, intrecciando la pratica artistica contemporanea all’indagine sui patrimoni immateriali. Anche dopo la fine di questa mostra, sarà possibile leggerne grazie alla pubblicazione omonima edita da DITO Publishing, acquistabile sul sito della casa editrice.
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