Una dimensione ancestrale e onirica è l’accoglienza di ArtNoble Gallery, che ospita la personale di Pietro Fachini dal titolo Racconti dalle terre piumate. La mostra, a cura di Arnold Braho, rende pubbliche le ricerche sulle connessioni naturali tra terra e mondo animale che si sviluppano in diverse aree del pianeta. La stessa scelta del titolo allude alla volontà di narrare, con una modalità quasi favolistica, la storia del sottobosco, dei suoi abitanti e della stessa terra che li accoglie e li nutre. Dalla Sardegna alla Colombia, fino al Messico, Pietro Fachini viaggia alla volta di nuove mete che confluiscono nelle opere esposte da ArtNoble.
Le ambientazioni rappresentate da Pietro Fachini, nelle tele che aprono la mostra da ArtNoble Gallery, si ispirano ai boschi di sughere in Sardegna. Importanti sono la ricerca e l’analisi di minerali, vegetali e animali, trasposti minuziosamente nelle opere. In questi ecosistemi, piccole piume e insetti si manifestano in un contesto onirico e fantastico. Un esempio di queste ricerche è Mantide (Predatrice di calma) (2024), in cui il tempo sembra essere sospeso, quasi in attesa di un futuro avvenimento. Leticia (2024), testimonianza delle analisi in Amazzonia, è un campionario delle terre e dei pigmenti rintracciati durante le ricerche dell’artista che si è interfacciato con le popolazioni del posto. Le stesse terre naturali sono protagoniste dei monotipi dai caratteri ancestrali, appartenenti alla serie Pastore delle nuvole (2024). Come un archeologo durante la fase dell’inventario, Fachini ha raccolto alcuni dei reperti, come piume, sugheri, ossa, terre e piccoli animali, disponendoli nel Tavolo d’archivio.
A conclusione del percorso espositivo, due piccoli e preziosi dipinti narrano del principio e della fine. Da un lato, il corpo scheletrico di un uccellino è contornato da formiche che lo attraversano. Sul fronte opposto della stanza, un uovo nel suo nido è sospeso all’interno di una nicchia. Ad accogliere l’opera una parete arancione, che contribuisce a creare un’atmosfera raccolta. «La scelta cromatica è un potenziatore visivo, il soggetto è il lavoro. Il tono scelto richiama le terre trovate in Sardegna», ha affermato l’artista.
Le opere installate nella mostra Racconti dalle terre piumate, da ArtNoble Gallery, sono solo parte dell’indagine approfondita che Pietro Fachini compie da diversi anni in giro per il mondo. Per questo motivo abbiamo chiesto all’artista di parlarci di come è nato il suo lavoro e del rapporto che intrattiene con le popolazioni locali.
Qual è l’impulso che ha dato il via alla tua pratica artistica?
L’impulso che ha disinnescato la mia ricerca artistica è duplice. Il primo, che potrei definire tecnico, è stato conoscere il pittore Maurizio Bottoni e il conseguente confronto umano avuto in questi anni. Frequentare il suo studio ed esaurire i dubbi e le curiosità è stato entusiasmante sin dal principio. Un secondo forte vettore della ricerca è legato al mondo naturale e all’appassionante necessità di scoprirlo in profondità . Ritengo importante sviscerare le questioni: dalla natura del comportamento (etologia), fino alle manifestazioni della materia (come la terra colorante e la piuma d’uccello). Questo è il mio campo di esplorazione.
Anche l’idea di lavorare con i pigmenti naturali, comporli e usarli è un’azione alchemica, quasi magica.
Ritengo necessario assecondare i principi anche nella pratica pittorica, intelaiare un sistema coerente di azioni immediate, dalla scelta dei soggetti dal vero a quelle tecniche. Parlo di manifestazioni spontanee perché trovo incredibile che la piuma della ghiandaia sia così, di quel blu, e non altro. L’idea è di dipingere per gli occhi delle persone più che per le persone stesse, come se fossero delle meditazioni visive. Anche il lavorare con le terre sarde è una scelta legata alla spontaneità . Soprattutto perché, essendo pigmenti naturali, ogni ritrovamento darà un risultato sempre differente. Inoltre, il dover ricercare (fisicamente) il colore apre, nel processo di realizzazione del lavoro, una importante parentesi esperienziale che ne influenza inevitabilmente il risultato finale.
Nei tuoi viaggi lavori spesso a contatto con le popolazioni dei posti che visiti. Che rapporto si crea? Ti aiutano con le tue ricerche?
Nei viaggi legati alla pratica pittorica, il primo luogo che ricerco è quello che possiede una maggior quantità di informazioni utili per proseguire la mia indagine su un piano di autenticità . Solitamente è il classico “bar di paese” che, dalla Colombia alla Sardegna, reincarna a suo modo l’anima locale. Mi è sempre capitato di stringere legami di amicizia e penso sia inevitabile in una ricerca di confidenza con i mondi che si intende esplorare. Ho avuto la fortuna di essere ospitato anche per lunghi periodi e di esperire la gratuità e il supporto delle persone incontrate. Si crea un sincero rapporto, sia per accompagnarmi in luoghi utili, sia per conoscere figure per un sostegno tecnico. A volte, gli incontri diventano anche soggetti del lavoro. In Colombia, ad esempio, mi recavo per interi pomeriggi da un’anziana signora indigena per chiacchierare e disegnarla, l’abuela Tomasa, di cui ho realizzato molti disegni.
La mia fotografia è intrisa di solitudine, bellezza e femminilità .
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