Odoardo Borrani, Mietitura del grano nelle montagne di San Marcello, 1861, Olio su tela, cm. 54x126,5 Viareggio, Istituto Matteucci
Se vivessero oggi di certo sarebbero nel pieno del lavoro, nel rappresentare un’Italia piegata dalla pandemia ma al tempo stesso viva, forte e comunque terrena. Stiamo parlando dei Macchiaioli: quel gruppo di artisti instancabili, pieni di emozioni e pulsioni vitali, che hanno caratterizzato l’Ottocento italiano riuscendo ad anticipare la libertà espressiva portata in seguito dalla Francia dagli impressionisti. A rievocarli oggi in tutto il loro valore, anche grazie a un accurato lavoro di ricerca, è la mostra di Padova, a Palazzo Zabarella, dal titolo: “I Macchiaioli. Capolavori dell’Italia che risorge“, che aveva (coraggiosamente) inaugurato in piena seconda ondata di Covid-19, a ottobre 2020, salvo poi essere presto bloccata, come tutte le altre mostre italiane e gli altri luoghi di cultura. Ma ora è il momento di ripartire, sia pure a mezzo servizio, tornando ad accogliere il pubblico dal 2 febbraio – in seguito al passaggio del Veneto alla “zona gialla” – con l’obiettivo tornare presto a pieno regime, prorogando la scadenza da aprile a giugno.
In un Paese messo a dura prova dalla pandemia, la cultura prova dunque a venire in soccorso e la mostra padovana risulta senz’altro uno degli appuntamenti più interessanti, proponendo un esplicito parallelismo, evidente già nel titolo, tra l’Italia di oggi è quella di allora. Tra luce, sole, nuvole, balconi fioriti, bucato steso ad asciugare, giovani donne che guardano assorte il paesaggio che si disegna fuori dalla finestra: nel loro modo di rappresentare ed esaltare la relazione umana in tutto il suo reale valore, in tutto il suo “eroismo”, si delineano le immagini di un’Italia datata Ottocento, ancora incompiuta, sotto il profilo socio-politico, ma iconicamente riconoscibile, segno concreto di un’identità precisa e amata. Immagini che, dal fondo del diciannovesimo secolo, ci vengono incontro oggi, a delineare un’Italia profondamente segnata dalla pandemia, stretta nella morsa del Covid-19: oggi come allora abbiamo davanti agli occhi la luce del sole, il bianco delle lenzuola, i balconi fioriti, quello a cui ci siamo aggrappati durante i giorni della quarantena, nel desiderio di sfuggire così alla paura e all’angoscia.
L’Italia dei Macchiaioli, dunque, si sovrappone a quella del “dopo pandemia”, ancora più “affamata” di bellezza, di libertà, di impegno, di luce, di sole. Nel desiderio di ritrovare antiche radici dalle quali poter rifiorire.
Tanto amati e popolari, ma con molti segreti ancora da svelare, con storie e personalità da far scoprire, questi artirti si proiettano alla perfezione nella stagione culturale di questi giorni, orientata alla ripartenza dell’intero Paese. Oltre a proporsi di riaprire un capitolo importante della nostra storia artistica, qual è quella dei macchiaioli, servendosi di punti di vista inediti e di una ricerca scientifica rigorosa, attraverso fonti spesso trascurate. Grazie a una nutrita schiera di collezionisti e di mecenati che hanno circondato l’opera di maestri noti come Silvestro Lega, Giovanni Fattori, Giovanni Boldini, Telemaco Signorini, e altri meno noti, ma non meno significativi, come Adriano Cecioni, Odoardo Borrani, Raffaello Sernesi, Vincenzo Cabianca.
È un mondo suggestivo, immediato quello dei macchiaioli; la cui essenza racconta dei valori dell’uomo, dell’uomo eroico e instancabile, della sua forza e del suo coraggio, della sua voglia di ripartire giorno dopo giorno a dispetto di qualsiasi difficoltà. Pieno di sogni ed emozioni vitali, forte di un’anima potente e vera che da sempre contrasta la morte, anche l’uomo di oggi è un uomo “macchiaiolo”, che sa cogliere la vita in modo pieno, totale e profondamente eroico. Anche per questo la mostra di Palazzo Zabarella, appare ancora più piacevole e suggestiva. E in qualche modo, rassicurante.
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