Sulla scena di Metamorfosis, ultimo spettacolo de La Fura dels Baus, ispirato al celebre racconto di Franz Kafka, incastonato tra enormi schermi di proiezione, campeggia un cubo di plexiglass trasparente. È una stanza, un rifugio, ma anche una prigione, nella quale il protagonista, Gregor, si isola. È la soglia sulla quale il teatro della Fura, da sempre nutrito dal potere drammaturgico della scenografia, e l’uomo-scarafaggio kafkiano si toccano. Fuori di esso, esclusi e spaventati, i membri della famiglia, il padre, la madre, la sorella, cercano dapprima di curare il giovane e poi di dimenticarlo, relegandolo in un luogo della memoria lontano dalla vita di tutti i giorni. La metamorfosi, fortemente simbolica nel racconto, perde nell’immaginario della Fura dels Baus qualsiasi connotazione surreale, diventa psicosi, degrado fisico, patologia moderna di un impiegato dei giorni nostri.
Da un lato in questo spettacolo è impossibile rintracciare quella radicalità della messa in scena, sempre pensata per spazi non tradizionali, e quella provocatorietà dei contenuti che avevano reso la compagnia catalana simbolo della sperimentazione teatrale più estrema. Allo stesso tempo non si può non vedere quanto l’utilizzo del video e di un certa grammatica cinematografica, in particolare applicata al montaggio e alla recitazione, costituiscano i nuovi elementi fondanti della poetica del gruppo. I dialoghi svelti e spontanei degli interpreti si intrecciano con le immagini video, andando a creare una tessitura fortemente realistica. Molto è raccontato attraverso le immagini: la notte della metamorfosi, l’ansia di Gregor confinatosi nella sua stanza, il ritorno alla vita della famiglia. Il registro vagamente televisivo dei video, tuttavia, non riesce a diventare provocazione o critica, e incatena gli spettatori a un immaginario da soap opera.
La messa in scena di Alex Ollé, uno dei membri fondatori del gruppo, e di Javier Daulte, regista di prosa alla sua prima collaborazione con la Fura, si sviluppa imponente e articolata su più piani, con il chiaro intento di indagare alcune zone oscure della società contemporanea. La critica al consumismo, all’omologazione, a un sistema che sempre di più costringe l’uomo a rinunciare alle proprie aspirazioni sono temi che serpeggiano in tutto lo spettacolo, restando però a un livello superficiale e didascalico, che non colpisce mai nel profondo. La metafora kafkiana si risolve nella versione furera in una denuncia debole, che perde di efficacia rifrangendosi in una miriade di particolari descrittivi non necessari.
link correlati
www.lafura.com
www.teatrocelebrazioni.it
www.kafka.org
giorgia sinicorni
spettacolo visto il 16 marzo 2006
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