Un’architettura fatta di ferro arrugginito, acciaio, fango e filo spinato ospita i corpi seminudi degli attori di Masque Teatro. La compagnia romagnola, i cui membri fondatori Catia Gatelli e Lorenzo Bazzocchi, rispettivamente sociologa e ingegnere, si è contraddistinta fin dai primi anni Novanta per una tensione verso la materia e l’atto scenico del costruire. Anche in questo ultimo lavoro, Il ragazzo criminale -presentato nella stagione invernale dei Teatri di Vita di Bologna- la scena è completamente occupata da una struttura abitativa, una macchina scenica su due piani, composta da celle e da un cortile immaginario. Ciò che s’impone allo sguardo, più che la rappresentazione di una prigione vera e propria, è l’evocazione di possibili luoghi di reclusione, mentale, fisica e spirituale. Qui, separati da tre livelli di filo spinato, i corpi si muovono in una quasi totale solitudine, intrecciando una partitura muta di gesti provocatori in bilico tra una sensualità mai risolta e un’attitudine sadica: una donna usa del rossetto per tracciare una croce sulla propria coscia, un’altra fa pipì in terra, un uomo si spoglia e, nascosti i genitali tra le gambe, si infila rose rosse nel pube.
L’ impeto che sorregge i gesti, la nudità dei corpi esposti, la loro dimensione forzatamente erotica si trasforma, sotto il peso dell’isolamento -di fatto solo immaginato- in autoerotismo, e quindi in una forma di compiacimento. Mentre il riferimento alla violenza cieca della coppia di serial killer descritta da Rainer Werner Fassbinder in Pre-paradise sorry now sembra porsi solo come antefatto rispetto all’azione scenica, questo compiacimento autoerotico ci riconduce, molto più chiaramente, alla scrittura caustica di Jean Genet, al suo testo scritto per la radio e mai messo in onda Il giovane criminale.
Qui, lo scrittore francese polemizzava contro l’atteggiamento paternalistico della classe borghese, che avrebbe voluto fare di ogni minorenne chiuso in riformatorio un individuo da redimere. Egli rivendicava una loro, e una propria in quanto anch’egli ex minorenne recluso, autonomia e superiorità ideologica e spirituale. Nelle sue parole il giovane, che ha commesso il delitto, insegue il rigore, l’eroismo a tutti i costi, il male quale estrema opposizione alla mediocrità e al conformismo borghese. Ecco quindi che i corpi in scena si mostrano fieri a chi li guarda e sembrano davvero muoversi sul filo delle parole genettiane “saremo la materia che resiste, senza la quale non ci sarebbero artisti”. La pratica della scena, talvolta correndo il rischio di un eccessivo ripiegamento su sé stessa, si confonde con quella della vita: il rigore, celebrato dal giovane criminale, è anche quello che da sempre contraddistingue la compagnia forlivese, la resistenza del recluso è anche quella di un gruppo che non ha mai scelto di inoltrarsi per sentieri facilmente percorribili.
link correlati
www.masque.it
www.ecn.org/filiarmonici/genet.html
giorgia sinicorni
spettacolo visto il 21 gennaio 2006
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Sono bravissimi, folli e geniali! Auguro loro di diventare presto la risposta italiana alla Fura dels Baus