Sperimentazione, ricerca e una sorta di minimalismo punk fanno di MK un gruppo difficile da collocare. L’ambiguità del linguaggio corporeo di fronte al nulla scenico, bombardato da parole apparentemente prive di logica, come scollegate dall’immagine, proiettate sulla parete teatrale, e da sonicità metalliche e martellanti, ottenute evidentemente con il sintetizzatore, non tende a dare un significato finale, ma ad immergere in questo non senso assordante lo spettatore. Real Madrid è la prima tappa del progetto Sostanzasonora, avviato nel 2004 dalla formazione romana, oramai alla ribalta della scena nazionale e internazionale, insieme con ESC, gruppo di compositori attivo in Francia, dedito alla produzione e allo studio di nuove sonorità, ma anche alle interazioni possibili fra varie discipline artistiche e musica contemporanea. Questo lavoro, presentato in anteprima assoluta nel luglio 2005 al festival Santarcangelo dei Teatri, viene riproposto, in parte modificato, al Festival Equilibrio – Seconda edizione del Festival della nuova danza diretto da Giorgio Barberio Corsetti. Per tutto il mese di febbraio all’Auditorium di Roma, il festival propone una panoramica internazionale sulla danza concentrandosi su esperienze artistiche di confine.
Real Madrid, diretto da Michele Di Stefano, si basa sulla produzione corporea di immagini, scolpite dalla forza del suono, capaci di agire come un proiettile sulla figura umana, modificandone forma e gestualità. Una modifica che però non risulta così scontata e chiara, tanto che a volte la linea di confine tra rumore-modificante e corpo-modificato diventa impercettibile e i ruoli si confondono.
Cosa può negare che l’effetto acustico non sia il risultato di un gesto inaspettato? Di fronte alla piena sterilità e alla mancanza delle parole di un discorso comprensibile, niente diventa impossibile. La danza va avanti da sé, trasferendosi da un contenitore all’altro, oscillando di corpo in corpo, dando vita a situazioni e immagini inattese. Figure entrano ed escono dallo spazio scenico, assoggettandosi alla situazione esistente o cercando di modificarla senza curarsi di cosa stanno creando.
Penetrano lo spazio, attraverso il suono, si perdono, lo rimodulano per creare nuove forme dell’insignificanza. Solo in questa continua decomposizione e ristrutturazione si riesce a rendere ambiguo qualcosa che per sua natura è tangibile ed evidente, la materia. Inoltre, la massa corporea sembra scindersi dal soggetto pensante di cui è il contenitore, forse a causa della continua intermittenza coreografica. Ai nostri occhi ora l’individuo, ora il gruppo di individui, appare quasi come la creta, fra le mani di uno scultore che cambia continuamente idea sul risultato finale da raggiungere. In questa performance l’indecisione, il caos, il cambiamento imperano, dandole una fluidità che conquista e rapisce lo spettatore, il quale si trova coinvolto in una sorta di ipnosi psichedelica. Aiuta verso questa perdita di coscienza lo spazio nel quale i corpi si muovono: un ambiente vuoto, grigio, nel quale il gioco delle luci illumina i punti sui quali focalizzare l’attenzione, ma allo stesso tempo crea zone d’ombra insondabili.
link correlati
www.mkonline.it
www.enzimi.com
www.auditorium.com
paola delfino
spettacolo visto il 10 febbraio 2006
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