Ebbene sì, anche in questo padiglione (quasi fosse il trait d’union dell’intera Biennale) la scelta dell’artista ricade sulla tecnica dello spiazzamento e del bombardamento visivo, nel tentativo (professato ma non pienamente risolto) di dare allo spettatore la possibilità di operare una scelta, di costruirsi un percorso.
Il Padiglione delle Amazzoni di Jean Marc Bustamante, scelto a rappresentare la Francia, è stato concepito come una sorta di opera d’arte totale, una summa –se così si può dire- della ricerca portata avanti dall’artista negli ultimi anni.
Bustamante nasce infatti come fotografo anche se, in questo caso, la fotografia diviene parte integrante di un progetto più ampio, che comprende l’installazione, la pittura e la scultura. Un po’ troppo forse… Prima d’ogni altra cosa il percorso dello spettatore, sin dall’inizio, è disorientato dall’impedimento dell’entrata centrale, sostituita con una lastra di vetro trasparente, che “specchia” all’esterno. Entrati da una piccola apertura laterale, si passa in una sorta di “camera di decompressione” per proseguire in una stanza di più ampio respiro che comprende i recenti lavori fotografici: grandi immagini in plexiglas che ritraggono gruppi
Si passa poi nella parte che dà il nome al Padiglione e che ne rappresenta il lato migliore: i quattro grandi ritratti delle Amazzoni, definite da Bustamante “come delle cariatidi che fungono da sostegno per lo spazio ”. I volti delle donne sono impassibili, quasi ieratici. Sono ritratte sullo sfondo di paesaggi indistinti, selvaggi, in zone cosiddette di confine che le pongono in una dimensione senza tempo. Da questo momento in poi il discorso si fa decisamente più complesso, ai limiti del comprensibile. Un enorme polittico multicolore
Più avanti la sala dei Perroquets (pappagalli): tre gabbie di cristallo, vuote, una sorta di “casa nella casa”. Per quanto chiaro sia il messaggio dell’artista francese, sperimentare i mezzi più diversi, distruggere le barriere della comunicazione artistica, sperimentazione come opera d’arte totale, siamo costretti a segnalare il padiglione francese come confuso, disomogeneo, a tratti costellato da lavori non sempre felici.
paola capata
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bel pezzo!
brava.